Il Covid-19 è stata una scossa per il nostro Servizio sanitario nazionale: volendo guardare il bicchiere mezzo pieno, ha accelerato alcuni processi che fino a 18 mesi fa sembravano impossibili da realizzare. La telemedicina, le visite da remoto, la riflessione concreta sulla medicina territoriale sono solo alcuni degli aspetti toccati da questo tsunami.
Per fare il punto su quali siano i bisogni e le opportunità in ambito oncologico e ematologico, Sanofi ha promosso Switch on, un progetto nato da una survey condotta da Havas Life coinvolgendo circa 200 interlocutori tra oncologi, epidemiologi, pazienti con mieloma multiplo, caregiver di persone con tumore al polmone e associazioni di pazienti.
I risultati dell’indagine sono stati presentati mercoledì 14 aprile: tra i bisogni più pressanti, incrementare e sviluppare servizi di teleassistenza (a supporto e non in sostituzione delle visite in presenza) attraverso l’investimento di risorse economiche e la formazione all’utilizzo di un’adeguata tecnologia, coinvolgendo i medici di medicina generale in stretta sinergia e collaborazione con il medico specialista.
L’importanza della tecnologia
Dai dati raccolti è emerso che per 9 medici su 10 la tecnologia ricoprirà un ruolo sempre più predominante nello sviluppo della professione medica nei prossimi 2-3 anni. 7 medici su 10 ritengono inoltre che potrà migliorare la qualità della propria professione, grazie al risparmio di tempo dedicato alle pratiche burocratiche e grazie alla condivisione di dati e referti con altri medici per una presa in carico multidisciplinare del paziente. Per farlo, però, ci sono degli ostacoli da superare: “Dobbiamo avere una tecnologia unica riconosciuta dal Ssn che tuteli la privacy e accompagni i pazienti nell’utilizzo – ha evidenziato
Paolo Corradini, della Fondazione Irccs Istituto Nazionale dei Tumori di Milano e Università degli Studi di Milano – Serve implementare il digitale a livello sistemico e non solo in emergenza, come si è fatto finora”. Inoltre, secondo lo specialista, “si potrebbero utilizzare tecniche di machine learning per raccogliere dati di real life: in questo modo potremmo organizzare informazioni che già esistono in database utili per i clinici. Anche in questo caso, però, serve un imprinting istituzionale in modo da poter partire in modo uniforme”.
Nonostante durante l’emergenza Covid-19, l’erogazione delle terapie ai pazienti non abbia subito rallentamenti, si è invece registrata una flessione nella prevenzione sia primaria che secondaria dei pazienti non-Covid. Proprio per rispondere a questa esigenza, tra le azioni indicate come prioritarie per il post-emergenza risalta quella relativa all’istituzione di servizi in grado di rafforzare l’assistenza domiciliare e la medicina territoriale. Anche in questo caso, tecnologia e organizzazione dovranno andare a braccetto: “Dobbiamo riuscire a sburocratizzare il percorso del paziente, che spesso è composto da una serie di ostacoli – ha evidenziato
Giordano Beretta, presidente nazionale dell’Aiom, l’Associazione italiana di Oncologia medica – La tecnologia, inoltre, può potenziare l’assistenza territoriale, a patto che sia utilizzata bene: le visite in presenza saranno sempre necessarie, ma potranno avere una frequenza inferiore”. Per lo specialista, inoltre, che è anche responsabile dell’Oncologia medica dell’Humanitas Gavazzeni di Bergamo, “è necessario un adeguamento del computo ore per la telemedicina, che è lavoro a tutti gli effetti ma non sempre viene rendicontata”.
Il punto di vista dei pazienti
Le associazioni di pazienti presenti all’incontro hanno evidenziato l’importanza del rapporto medico-paziente e la difficoltà per alcuni di accedere alla telemedicina, magari perché residenti in una zona con poca copertura internet o perché poco avvezzi all’uso delle tecnologie.
Anna Costato di Salute Donna Onlus ha sottolineato come le associazioni abbiano “un ruolo importantissimo nel fare da ponte tra i pazienti e le aziende sanitarie, oltre che nell’informare correttamente”. Tra le difficoltà emerse, infatti, anche quella di riconoscere le fonti affidabili. E non riguarda solo le fake news: “Molti pazienti non sanno che esistono standard di cura uniformi in tutta Italia – ha ricordato
Melania Quattrociocchi dell’Ail, l’Associazione italiana contro le leucemie-linfomi e mieloma – Spesso non è indispensabile spostarsi: esistono protocolli e centri di eccellenza sull’intero territorio nazionale, ma spesso la gente non li conosce”.
In conclusione
Massimo Verdilio, Oncology Hematology Franchise Head Sanofi, ha ricordato che l’impegno dell’azienda in ambito oncologico ed ematologico non si ferma alla ricerca e alla produzione di nuove terapie, ma punta anche alla condivisione dell’esperienza e delle risorse per progetti come Switch on: “Gli esperti coinvolti nell’indagine hanno fatto emergere le principali complessità presenti nel contesto oncologico ed ematologico, accentuate ulteriormente dall’emergenza Covid-19– ha spiegato – stiamo mettendo in campo tavoli tematici dai quali ci aspettiamo emergano idee concrete che migliorino il più possibile i percorsi terapeutico assistenziali di questi pazienti”.