(Reuters Health) – L’esecuzione di una biopsia liquida dopo resezione di metastasi epatiche da carcinoma colorettale consente una profilazione molecolare non invasiva che potrebbe contribuire a individuare una malattia residua. A questa conclusione è giunto uno studio condotto negli USA e pubblicato dal Journal of the American College of Surgeons.
Yun Shin Chun e colleghi, dello University of Texas MD Anderson Cancer Center, hanno esaminato i dati relativi al plasma prelevato dopo un intervento chirurgico da 63 pazienti sottoposti a resezione di metastasi epatiche da cancro colorettale. Successivamente, i ricercatori hanno usato il sequenziamento in parallelo per rilevare mutazioni somatiche in 70 geni. La mutazione più comune era la APC, seguita da TP53 e KRAS.
“Questo approccio”, sottolinea Yun Shin Chun, “è stato utilizzato insieme ai metodi convenzionali per diagnosticare il cancro colorettale, nello specifico la TC e il marcatore tumorale CEA. I risultati dello studio dimostrano che una biopsia liquida positiva dopo l’intervento chirurgico si associa a una peggiore sopravvivenza, soprattutto quando vengono rilevate 4 o più mutazioni genetiche”.
In particolare, il team ha osservato che la sopravvivenza generale a due anni dalla data della resezione epatica era inferiore tra i pazienti con una biopsia liquida positiva rispetto alle controparti (70% vs 100%, P=0,005). In pazienti con quattro o più mutazioni, la sopravvivenza a due anni era del 41%. Una biopsia liquida positiva, ma una CEA non elevato, si correlavano a una recidiva della malattia rilevata tramite TC.
Fonte: Journal of the American College of Surgeons
David Douglas
(Versione Italiana Quotidiano Sanità/Popular Science)