Medico con un master in Leadership & Strategy in Pharmaceuticals e Biotech presso la Harvard Business School, da pochi mesi
Fabio Landazabal, colombiano con il pallino dell’innovazione, è stato scelto come Presidente e amministratore delegato di GSK Italia. Appena insediato è stato il promotore del progetto #AutiamogliEroi con cui l’azienda e i dipendenti hanno contribuito ad affrontare l’emergenza Covid19 con una serie di interventi a favore di Medici e Pazienti.
Cosa significa per lei fare innovazione?
Per me fare innovazione non significa mettere semplicemente a disposizione un prodotto o un servizio più efficiente rispetto al passato ma andare a ripensare tutta la catena del valore di un settore.
Nel mondo dell’Healthcare come si può raggiungere l’innovazione?
Nel nostro caso, all’interno del sistema per la cura della salute, bisogna coinvolgere tutti gli stakeholder, dipendenti, istituzioni, operatori sanitari, aziende ma anche il pubblico generale la cui informazione e consapevolezza è indispensabile per un adeguato accesso all’innovazione che si riesce a creare in questo nuovo modo.
E l’emergenza Covid cosa ha cambiato per portare a questo ripensamento dell’innovazione?
Dopo aver temuto per anni una pandemia, avere avuto diversi segnali di allarme ed avere cercato di sollecitare uno sforzo congiunto di preparazione a queste possibili emergenze ci siamo trovati dentro una particolarmente grave e con limitate capacità di reazione. Ma è inutile pensare al passato e bisogna ora pensare a tutte le conseguenze dell’emergenza, soprattutto a quelle non immediatamente visibili che vanno contrastate proprio innovando la nostra catena del valore.
Perché secondo lei l’innovazione è l’unica via d’uscita dall’attuale emergenza?
Perché lo dicono i fatti: le imprese che hanno fatto innovazione nel modo di lavorare, che avevano già abbracciato lo Smart working e il lavoro agile, come GSK, sono state le prime e riuscire a proteggere i propri dipendenti e a mantenere il livello necessario di attività.
Cosa intende per conseguenze meno visibili?
Ci siamo giustamente concentrati su contagi, ospedalizzazioni e, purtroppo, decessi ma rischiamo di perdere di vista danni importanti che si sono determinati, proprio a causa dell’emergenza, al sistema di prevenzione e cura. Danni che non solo possono aumentare nel tempo ma che possono influenzare a lungo termine la nostra capacità di ripresa, il livello di salute e persino la speranza di vita della nostra comunità.
Mi può fare qualche esempio?
Faccio due esempi: le vaccinazioni e le malattie oncologiche. Il rallentamento che abbiamo avuto sul PNPV e che rischiamo di avere in futuro porta due rischi associati ma distinti: quello di far riemergere focolai di malattie che credevamo di aver eliminato e quello che far andare più persone in ospedale e dal medico, già oberati di lavoro e richieste. Per l’oncologia il rischio è invece sostanzialmente legato ad una ritardata diagnosi e ad un minore numero di controlli con aumento di mortalità e recidive.
Certo dobbiamo occuparci di entrambi i problemi ma che contributo potrebbe offrire GSK in termini pratici?
Per l’emergenza Covid GSK è presente sul fronte dei vaccini sia nelle formulazioni tradizionali con la fornitura del proprio adiuvante per aumentare efficacia e numero di dosi sia nella produzione e distribuzione di un candidato vaccino mRNA di CureVac entro quest’anno. Inoltre, sempre con CureVac stiamo lavorando per uno o più vaccini multivalenti che possano proteggere nel 2022 dalle varianti del virus che stanno emergendo.
Sul fronte dei farmaci invece siamo impegnati nello sviluppo di tre anticorpi monoclonali, uno di essi, in fase più avanzata, è prodotto in Italia, a Parma e verso fine mese ci aspettiamo dei dati preliminari sulla sua possibilità d’impiego. Consideriamo promettenti tutte e tre le linee di ricerca ma quella che ci porta in Italia è forse quella più completa perché sta verificando la possibilità d’uso di questo candidato farmaco sia nella profilassi che per evitare il ricovero o durante il ricovero stesso. Inoltre il meccanismo d’azione potrebbe renderlo capace di affrontare meglio di altri le mutazioni del virus.
Cosa c’è nel futuro di GSK a parte i vaccini e le terapie anticovid?
Ma come dicevo prima non dobbiamo preoccuparci solo di Covid. Nelle prossime settimane renderemo disponibile in Italia un vaccino contro l’Herpes Zoster che arriva a prevenire fino al 97 per cento dei casi il Fuoco di Sant’Antonio e le sue conseguenze di lungo termine nelle persone oltre i 50 anni di età e che funziona altrettanto bene anche nei soggetti fragili: questa forma di prevenzione è prevista nei piani nazionali ma finora non era disponibile una vaccinazione di tale efficacia e in grado in cambiare totalmente le prospettive di benessere delle persone e si tratta di un’occasione da non perdere.
Anche sull’oncologia siete molto attivi….
Sul fronte dell’oncologia, dopo aver allargato l’ambito della lotta al carcinoma ovarico ora ci stiamo rivolgendo al mieloma multiplo con un farmaco che ancora una volta viene dal nostro stabilimento e centro di eccellenza di Parma e che ha dimostrato di portare significativi miglioramenti al trattamento di questa malattia. Ma tutto questo ha un’utilità solo parziale se non guarda al paziente a 360 gradi e crea ulteriore innovazione nella catena di valore. Per questo abbiamo in corso anche diversi programmi di supporto ai pazienti, con trattamenti domiciliari per pazienti con asma grave e lupus e aiuti dedicati ai pazienti oncologici per recarsi in reparto a fare i necessari controlli.
Negli esempi ha attribuito un ruolo importante all’Italia e agli anticorpi monoclonali, è un caso?
Tutti gli esempi che ho portato sono ugualmente importanti ed indirizzati a tutti i paesi del mondo ma l’Italia ha sempre avuto un ruolo importante per GSK nel costruire innovazione. Il nostro stabilimento di Parma è un centro di eccellenza nel network aziendale per l’introduzione di nuovi prodotti, dove prima si producono i quantitativi necessari per gli studi clinici e in caso di successo si passa alla produzione su scala industriale. Belimumab, il primo farmaco sviluppato per il trattamento del lupus eritematoso sistemico è un anticorpo monoclonale prodotto a Parma e lo stesso vale per mepolizumab, per l’asma grave. Belantamab mafodotin è invece la combinazione di un anticorpo monoclonale con un agente citotossico per combattere il mieloma multiplo resistente alle altre terapie. Insomma a Parma ce ne intendiamo di anticorpi monoclonali e di produzioni sofisticate prima per la ricerca, poi per il paziente e speriamo che questo possa essere di buon auspicio anche per Vir7831, il nuovo anticorpo monoclonale che stiamo sviluppando per profilassi e trattamento dell’infezione da Covid19.
Ci dica qualcosa in più su Vir7831. Quando diffonderete i dati di efficacia?
Vir7831 è un candidato farmaco promettente da diversi punti di vista e lo stiamo studiando infatti in tutti gli impieghi: profilassi, per evitare l’ospedalizzazione e durante il ricovero. Probabilmente i primi dati ad essere disponibili saranno relativi alla possibilità di evitare il ricovero utilizzandolo per tempo. Un altro aspetto interessante è nel suo meccanismo d’azione che potrebbe consentire di evitare le resistenze. Al momento non è veramente possibile dire altro ma nel giro di pochi giorni prevediamo l’arrivo di nuovi dati, seguiti a stretto giro da altri man mano che si completeranno i diversi studi in corso. Per completezza va infine detto che stiamo anche sviluppando altri due anticorpi monoclonali in chiave anti-Covid: il secondo è sempre in collaborazione con Vir e il terzo è un farmaco GSK originariamente pensato per l’artrite reumatoide, chiamato Otilimab, che potrebbe avere impiego nelle fasi più acute della malattia, a contrasto della famigerata tempesta citochinica.
Nella sua carriera ha ricoperto molti ruoli internazionali. C’è stato un maestro che la ha guidata o a cui si ispira nel suo lavoro?
Ho conosciuto e ammirato diverse persone ma quello che mi ha ispirato e fatto desiderare di proseguire definitivamente la mia carriera in questa azienda e in questo settore è stato vedere l’effetto dell’innovazione sulla popolazione. Nessun calcolo, nessuna teoria: vedere e toccare con mano le vite salvate e gli anni di vita aggiunti su larga scala da farmaci e vaccini in paesi dove prima non erano disponibili mi ha motivato a continuare a lavorare per fare di meglio e contribuire, insieme ai miei colleghi, a fare la differenza.