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QS Edizioni - venerdì 22 novembre 2024

Scienza e Farmaci

Leucemia. Se la malattia si ripresenta dopo la cura

immagine 3 giugno - La colpa potrebbe essere di alcune cellule tumorali, le staminali del cancro, che si dividono molto più lentamente delle altre e per questo sono resistenti alla chemioterapia. Per combattere i tumori più resistenti bisogna dunque sviluppare un trattamento che riesca a sconfiggere anche queste.
Talvolta, non basta sconfiggere il cancro una volta per essere sicuri che non si dovranno combattere nuove battaglie: un tumore si può infatti ripresentare anche dopo un lungo periodo di remissione, anche se gli scienziati non sanno ancora spiegare perché. O almeno non lo sapevano fino a questa settimana, quando su Blood è apparsa una ricerca del Weizmann Institute che dimostra come la ricomparsa potrebbe essere causata da un particolare tipo di cellule che non crescono velocemente quanto quelle tumorali normali e che per questo sono resistenti alla chemioterapia.
 
Il cancro si presenta quando c’è un problema nel meccanismo che regola la corretta divisione cellulare. Quando questo accade, le unità biologiche cominciano a dividersi troppo rapidamente e ciò fa sì che nell’organismo si presenti una crescita incontrollata dei tessuti: i più comuni trattamenti chemioterapici sono quelli che attaccano nello specifico le cellule che presentano questa rapida divisione cellulare.
Tuttavia ci sono un certo numero di pazienti affetti da leucemia, che vedono la malattia ripresentarsi dopo qualche tempo. Secondo gli autori di questo studio, la causa sarebbe che la chemioterapia riesce ad uccidere le normali cellule tumorali, ma non abbia effetto su un particolare gruppo di esse, dette staminali del cancro, poiché queste subiscono un processo di divisione troppo lento. Queste stesse staminali però, possono poi dare luogo a una nuova generazione di cellule tumorali che si dividono velocemente, il che porterebbe al ritorno della malattia. Per dimostrarlo gli scienziati hanno ricostruito l’“albero genealogico” delle unità biologiche dei tessuti del tumore, usando una tecnica da loro sviluppata nel corso degli ultimi anni. Il metodo si basa sull’idea che il materiale genetico all’interno delle differenti parti del corpo accumuli mutazioni uniche e riconoscibili nel corso delle divisioni, che vengono passate di generazione in generazione: mettendo a confronto i cambiamenti si può dunque mappare da dove provengano e quali abbiano antenati comuni.
Gli scienziati hanno applicato questo metodo a due diversi set di campioni di sangue: il primo preso da pazienti affetti da leucemia subito dopo la diagnosi, l’altro da pazienti che si erano già sottoposti a chemioterapia con successo, ma il cui cancro era poi tornato a farsi vivo. Così facendo, hanno potuto tracciare una mappa delle divisioni cellulare, per osservare se ci fossero antenati comuni nei diversi campioni. È stato proprio così che i ricercatori hanno dimostrato come nei pazienti che non erano più in remissione il cancro non era rinato da cellule in rapida divisione, ma da unità biologiche più “antiche”, ovvero da linee cellulari che si trovavano più vicine alla radice dell’albero genealogico, più che ai rami più recenti. In altre parole, il cancro ritornava a colpire partendo da cellule che si dividevano in maniera estremamente lenta, caratteristica che – appunto – le rendeva resistenti alla chemioterapia. “Sapevamo che in molti casi i trattamenti contro il tumore non sono del tutto efficaci”, ha spiegato Ehud Shapiro, del Weizmann Institute. “Ma questi risultati dimostrano che per eliminarlo del tutto dobbiamo studiare terapie che non solo sconfiggano le cellule che si dividono più rapidamente, ma che abbiano come bersaglio anche quelle più resistenti”.
3 giugno 2012
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