È stato pubblicato la scorsa settimana, dopo sei anni di lavoro, il
Registro europeo degli health claims, le indicazioni che potranno essere riportate su integratori e alimenti: si tratta di 222 frasi – su 5000 valutate dagli esperti dell’Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa) – che riguardano i principi contenuti nei prodotti e che potranno essere apportate sulle confezioni per descrivere gli effetti di integratori o principi attivi. Il documento è stato pubblicato in Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.
Il documento è stato stilato nello specifico dal Panel sui prodotti dietetici, sulla nutrizione e sulle allergie (Nda) dell’Efsa, e si riferisce alla salute orale e ossea, oltre che a quella di articolazioni e pelle. Qualche esempio?“Lo zinco contribuisce al metabolismo acido base” o “Il ferro contribuisce alla normale funzione cognitiva”.
Le linee guida sono state redatte sulla base di opinioni scientifiche del Panel stesso. “Per cui – viene specificato nell’abstract – il documento rappresenta la visione dell’Nda sugli health claims, che deriva dall’esperienza accumulata negli anni sull’argomento”. Dunque, come a mettere le mani avanti, gli esperti spiegano che l’elenco non vuole essere esaustivo di tutti gli effetti benefici delle sostanze nominate, né degli studi o dei risultati scientifici che lo dimostrano.
Nonostante questa premessa, che è chiaramente leggibile anche sul
sito dell’Efsa stesso, c’è già chi ha manifestato i primi dubbi, chiedendosi se il lavoro fatto dagli esperti possa essere utile per l’utenza: le indicazioni sono chiare e comprensibili? “Ci chiediamo anzitutto se sia stato fatto un buon lavoro per il consumatore”, ha infatti dichiarato Germano Scarpa Presidente FederSalus, Associazione che rappresenta le aziende italiane operanti nel settore degli integratori e dei prodotti salutistici. “Temiamo che l’acquirente, a fronte di simili indicazioni, resti perplesso e confuso e finisca per abbandonare i nostri prodotti. Ne avrà così un danno tanto il consumatore quanto l’industria”.
Secondo una stima elaborata da uno studio inglese del 2010, l’impatto del Regolamento UE 1924/2006 avrà esiti devastanti proprio sulle piccole e medi imprese, ricordate dall’europarlamentare, che producono e commercializzano integratori alimentari. Questi prodotti, senza possibilità di comunicare il loro valore salutistico, verranno penalizzati negli acquisti di almeno il 25 % con una conseguente perdita di 13.300 posti di lavoro. I dati sono tanto più preoccupanti se inseriti nel contesto di grave crisi economica ed occupazionale che l’Italia e la Ue stanno attraversando. “Il metodo di valutazione delle prove scientifiche su alcuni health claims sembra essere sproporzionato”, ha pubblicamente dichiarato Renate Sommer, eurodeputata del Gruppo PPE. “La procedura di valutazione impone dei criteri che difficilmente possono essere soddisfatti da parte delle Piccole e Medie imprese”.
Ad alimentare dubbi sugli esiti del processo di autorizzazione, inoltre, contribuiscono esponenti della ricerca scientifica. Diversi ricercatori europei hanno dichiarato in un
documento di consenso scientifico pubblicato su Elsevier Nutrition Journal che il lavoro svolto da EFSA “non è appropriato per la valutazione di claims per gli alimenti” in quanto sarebbero stati assunti parametri idonei a misurare l’efficacia dei farmaci ma totalmente inadeguati ad appurare l’attività benefiche di sostanze alimentari. Ma allora, a che giova l’applicazione in questi termini del Regolamento sugli health claims? “Crediamo a nessuno”, ha risposto Germano Scarpa. “Pensiamo anzi che, così come attuato, finisca per alimentare una serie infinita di ricorsi alla Corte di Giustizia contraddicendo in tal modo le sue premesse iniziali: chiare informazioni al consumatore e sviluppo della ricerca industriale”.