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QS Edizioni - domenica 24 novembre 2024

Scienza e Farmaci

Tumore prostatico. Biopsia liquida può “confondere” le mutazioni delle cellule

di David Douglas
immagine 12 novembre - Nei casi di tumore alla prostata la biopsia liquida può ingannare il medico che deve istituire una terapia, perché spesso confonde le varianti genetiche dell’emopoiesi clonale con le cellule tumorali. L’evidenza emerge da uno studio condotto in USA. “Il nostro studio evidenzia un importante limite delle maggior parte degli attuali test del cfDNA o ‘biopsia liquida’ per gli uomini con tumore della prostata”, afferma Colin C. Pritchard dell’Università di Washington di Seattle, principale autore dello studio,
(Reuters Health) – Negli uomini con tumore alla prostata, il test del DNA libero circolante (cfDNA) potrebbe essere “confuso” dalle varianti genetiche dell’emopoiesi clonale (CHIP), conducendo alcuni pazienti ad essere trattati in maniera inappropriata con inibitori della poli(ADP)ribosio polimerasi (PARP).

“Il nostro studio evidenzia un importante limite delle maggior parte degli attuali test del cfDNA o ‘biopsia liquida’ per gli uomini con tumore della prostata”, dice Colin C. Pritchard dell’Università di Washington di Seattle, principale autore dello studio, “Abbiamo riscontrato che mutazioni nelle cellule ematiche venivano comunemente rilevate nel plasma e tali mutazioni potrebbero essere mal interpretate come derivanti dal tumore prostatico. I risultati hanno importanti implicazioni per orientare la terapia con una più recente classe di farmaci denominati PARP inibitori”.

“Quasi la metà delle volte che mutazioni legate alle indicazioni approvate dalle Food and Drug Administration per l’eleggibilità ai PARP inibitori sono state rilevate nel cfDNA, esse derivavano dall’emopoiesi clonale e non erano correlate al tumore prostatico”, continua Pritchard , “Tali mutazioni nell’emopoiesi clonale interferenti erano particolarmente comuni nelle fasce d’età più avanzate”.

Lo studio
Pritchard e colleghi hanno esaminato 69 uomini con tumore alla prostata in stadio avanzato sottoposti a test delle varianti nel cfDNA. Per determinare l’origine delle varianti, hanno testato anche campioni di sangue intero di controllo.

20 pazienti hanno mostrato varianti patogene nelle varianti genetiche di riparazione del DNA pertinenti. Varianti nella CHIP al 2% o una frazione superiore nel cfDNA sono state osservate in 13 soggetti. Di questi, sette presentavano varianti nei geni di riparazione del DNA usati per determinare la candidatura ai PARP inibitori; avrebbero dunque ricevuto una diagnosi scorretta e sarebbero stati erroneamente ritenuti eleggibili per la terapia con PARP-inibitori.

“Fortunatamente – precisa Pritchard – vi è una soluzione semplice per migliorare le prestazioni dei test del cfDNA. Abbiamo scoperto che inserendo nel test un campione di sangue intero di controllo riuscivamo con facilità a distinguere le mutazioni del tumore prostatico nel cfDNA plasmatico dall’emopoiesi clonale. Usiamo questo approccio con test appaiati per il test del cfDNA, ma la maggior parte dei saggi sul cfDNA attualmente disponibili testano solo il plasma e non possono prontamente distinguere le mutazioni cancerose dall’interferenza delle cellule del sangue”.

“Per questo motivo”, conclude, “temiamo che gli uomini con le forme più avanzate di tumore alla prostata possano ricevere in maniera scorretta una terapia con PARP-inibitori sulla base di risultati falso-positivi del test del cfDNA”.

Fonte: JAMA Oncology

David Douglas

(Versione Italiana Quotidiano Sanità/Popular Science)
12 novembre 2020
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