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QS Edizioni - lunedì 25 novembre 2024

Scienza e Farmaci

Intervista a Rimondi (Assobiomedica). Debiti Asl: "Il piano Passera non servirà a niente"

immagine 12 maggio - Il presidente di Assobiomedica Stefano Rimondi boccia il piano di pagamenti messo a punto dal ministro per lo Sviluppo Economico: “Così com’è è ininfluente perché ad oggi riguarda solo i debiti dell’amministrazione centrale e noi abbiamo crediti con le Regioni”. 
“Vantiamo crediti nell’ordine dei 5,5 mld di euro e con tempi medi di pagamento a più di 300 giorni”. Tutto questo in un contesto minacciato da nuovi tagli al settore dei beni e servizi. Uno scenario che per il presidente dell'associzione dei produttori di tecnologie e dispositivi medici non potrà che portare alla "delocalizzazione e alla perdita di molti posti di lavoro".
 
Presidente Rimondi come valuta il Piano Passera per il ripiano dei debiti della Pa?
Le nostre imprese sono creditrici verso le Regioni per cui il Piano su cui sta lavorando il Governo, di cui ancora si sa ben poco, se dovesse restare così com’è, per noi e per tutto il settore sanitario sarebbe del tutto ininfluente e ciò è molto grave perché i tempi di pagamento sono già molto lunghi e le aziende sono in sofferenza. Le nostre aziende vantano crediti nell’ordine dei 5,5 mld di euro.
 
Quali sono i tempi medi di pagamento delle Regioni per quanto riguarda i prodotti biomedicali?
In media i temi di attesa sono nell’ordine dei 300 giorni. Le Regioni migliori sono Lombardia, Trentino Alto Adige e Friuli Venezia Giulia che pagano entro 100 giorni mentre le meno puntuali sono Calabria, Molise e Campania con tempistiche medie nell’ordine degli 800 giorni. Ma anche Regioni virtuose come Piemonte, Emilia Romagna, Veneto e Toscana si avvicinano a tempi di pagamento a 300 giorni
 
Questi ritardi cosa comportano?
Le aziende devono sostituire i dovuti pagamenti delle Regioni con finanziamenti bancari a tassi che ad oggi sono molto elevati. Ciò provoca in primis una frenata per tutto ciò che attiene i progetti di ricerca e sviluppo e questo significa creare al Paese un grave problema di ritardo nell’innovazione in un settore strategico qual è la sanità
 
Sussistono anche rischi per l’occupazione?
Il rischio è fortissimo. Perché se dovesse proseguire la tendenza di fare gare centralizzate che puntano solo al prezzo più basso senza tenere conto della qualità le multinazionali potrebbero iniziare a fare come in Grecia ovvero valutare che l’Italia non è più un mercato su cui investire e quindi ad andare via dal nostro Paese. Ma il problema riguarda anche le aziende che producono e fanno ricerca in Italia per cui se questa trend negativo dovesse proseguire l’unica alternativa è la delocalizzazione e ciò potrebbe provocare la perdita di molte migliaia di posti di lavoro con ricadute molto pesanti per lo stesso Stato per cui verrebbero a mancare i contributi fiscali e previdenziali che le nostre aziende versano nelle casse dello Stato.
 
Quali sono allora le prospettive future?
Se si continuerà a ragionare secondo la logica dei tagli e a considerare la sanità come una spesa inutile lo scenario non potrà che essere denso di ombre. Al contrario se da parte delle Istituzioni tutte vi sarà un cambio di rotta e la volontà di sedersi attorno ad un tavolo per discutere di razionalizzazione (eliminare gli sprechi e valorizzare eccellenze) allora le prospettive potrebbero volgere in positivo. Ma ripeto le Istituzioni dovrebbero iniziare a pensare alla salute, come fanno del resto i cittadini, come un baluardo irrinunciabile del sistema e non come una spesa inutile
 
Luciano Fassari
 
12 maggio 2012
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