Le donne, giovani e meno giovani, stanno pagando il prezzo più alto della pandemia in termini economici, sociali e di riconoscimento dei diritti. L’affermazione del Segretario Generale dell’Onu,
Antonio Guterres, non lascia spazio a equivoci.
“Circa il 60% delle donne in tutto il mondo lavora nell'economia sommersa, guadagna meno degli uomini, ha minori capacità di risparmio e maggiori probabilità di cadere in uno stato di povertà – scrive Guterres in un articolo pubblicato dal sito dell’Onu - Con il crollo dei mercati e la chiusura delle aziende, milioni di posti di lavoro sono scomparsi. Contemporaneamente alla perdita di un'occupazione retribuita, è aumentata in modo esponenziale la quantità di ore, non retribuite, dedicate alla cura della famiglia, in particolare dei bambini, a casa per la chiusura delle scuole, e degli anziani”. Un mix esplosivo, che rischia di cancellare, come mai prima, diritti e opportunità per la popolazione femminile”.
L’Onu ha redatto un rapporto che illustra le linee di intervento per invertire questa tendenza e per garantire alle donne la possibilità di essere protagoniste e leader nella fase di ripresa.
“L'uguaglianza di genere e i diritti delle donne sono essenziali per superare insieme questa pandemia – sottolinea Guterres – I diritti conquistati, una volta persi, impiegano anni per affermarsi novamente. Le ragazze che oggi non vanno a scuola potrebbero non tornarci più. Esorto i governi a mettere le donne e le ragazze al centro dei loro sforzi per superare dalla pandemia. Le misure per proteggere e stimolare l'economia, come crediti e prestiti, devono essere rivolte soprattutto alle donne. Le reti di sicurezza sociale devono essere ampliate”.
C’è poi l’aspetto, non meno importante, dell’aumento dei casi di violenza durante il lockdown. Secondo il rapporto redatto dall’Onu, in questi mesi sono 243 milioni le donne che hanno subito violenze fisiche e/o sessuali.
“Quasi una donna su cinque in tutto il mondo ha subito violenze nell'ultimo anno – puntualizza il Segretario Generale dell’Onu - Molte sono ancora costrette a casa con i loro maltrattatori e non possono accedere ai servizi di assistenza, che soffrono di tagli e restrizioni. Il Covid-19 non sta sfidando solamente i sistemi sanitari globali; sta testando la nostra umanità”.
Il documento dell’Onu
Il documento dell’Onu – The Impact of Covid-19 on Women – mette subito in evidenza un dato: sono 740 milioni le donne che lavorano nell’economia sommersa, spesso in condizioni di sfruttamento.
Nell’economia “ufficiale” il gap di genere è schiacciante: nella fascia di età compresa tra i 25 e i 54 anni, la forza lavoro è composta per il 94% da uomini e 63% da donne. Un altro triste primato: per ogni 100 uomini che vivono in condizioni di povertà estrema, ci sono 125 donne.
In questa pandemia anche le operatrici sanitarie dei Paesi industrializzati stanno pagando un tributo altissimo: in Italia 10.657 tra dottoresse e infermiere hanno contratto il Covid-19 (66% degli operatori infettati), mentre in Spagna sono 7.329.
Le proposte delle Nazioni Unite
“La risposta, a livello nazionale o internazionale, sarà significativamente debole se non tiene conto dei modi in cui le disuguaglianze hanno reso tutti noi più vulnerabili all’impatto della crisi “, si legge nelle conclusioni finali del documento, “Se scegliamo di ripetere le politiche passate, non riusciremo a sfruttare questo momento per ricostruire società più uguali, inclusive e resilienti”.
L’Onu individua tre livelli di intervento:
1) Centralità delle donne e delle organizzazioni femminili nella lotta alla pandemia e nei progetti di rilancio;
2) trasformare le iniquità del lavoro non retribuito (salute, famiglia, ecc.) in una nuova economia di assistenza inclusiva che funzioni per tutti;
3) progettare piani di sviluppo socio-economici focalizzati sulla vita e sul futuro di donne e ragazze.
Mettere le donne e le ragazze al centro delle economie mondiali sosterrà una ripresa più rapida e permetterà di conseguire gli obiettivi di sviluppo sostenibile.
Marco Landucci