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QS Edizioni - lunedì 25 novembre 2024

Scienza e Farmaci

Coronavirus. Perché è opportuno il riconoscimento della malattia professionale per gli operatori sanitari infettati dal virus

di Domenico Della Porta
immagine 13 marzo - Si tratta di un criterio che riguarda non solo i dipendenti del Servizio Sanitario Nazionale, ma anche i cosiddetti medici convenzionati, quali Medici di Medicina Generale, Pediatri di Libera Scelta, Specialisti Ambulatoriali, Medici di Continuità Assistenziale, al lavoro nonostante le “criticità” non solo organizzative ma soprattutto legate alla carenza di sistemi di prevenzione e protezione, quali DPI e Dispositivi Medici.
Per i medici e gli operatori sanitari infettati dal nuovo Coronavirus va attivata la procedura per il riconoscimento di Malattia Professionale da parte dell’INAIL, trattandosi di una patologia collegata all’ attività lavorativa, in cui l’esposizione al rischio biologico è di indubbia natura occupazionale e non occasionale o extralavorativa.
 
Si tratta di un criterio che riguarda non solo i dipendenti del Servizio Sanitario Nazionale, ma anche i cosiddetti medici convenzionati, quali Medici di Medicina Generale, Pediatri di Libera Scelta, Specialisti Ambulatoriali, Medici di Continuità Assistenziale, al lavoro nonostante le “criticità” non solo organizzative ma soprattutto legate alla carenza di sistemi di prevenzione e protezione, quali DPI e Dispositivi Medici.
 
“Ecco il motivo per cui ho inviato una puntuale e dettagliata lettera al Presidente del Consiglio e ad alcuni Ministri interessati alla questione, oltre agli Assessori Regionali alla Sanità”, ha precisato senza mezzi termini Filippo Anelli, Presidente FNOMCeO, definendo, non a caso, i colleghi territoriali “super diffusori” della malattia. “E’ urgente - ha detto ancora ieri Anelli - istituire le “Unità speciali di continuità assistenziali”, previste nel decreto legge 14/2020, prevedendo la sospensione dell’accesso libero dei pazienti negli ambulatori riorganizzando il medesimo accesso ordinario per appuntamento, con eccezione dei casi non differibili, previo contatto telefonico”.
 
Tutti elementi, questi, che confermano e potenziano le condizioni alla base del riconoscimento del loro lavoro assimilabile al “parasubordinato” e quindi meritevole della  considerazione  di prestatori d’opera esposti professionalmente al rischio lavorativo biologico.  
 
L’assicurazione obbligatoria Inail copre ogni incidente avvenuto per causa violenta, in occasione di lavoro, che determini la morte, l’inabilità permanente o l’inabilità temporanea per più di tre giorni.
 
L’occasione di lavoro viene configurata da due elementi fondamentali:
- il rischio lavorativo (specifico per quell’attività, o comunque generico aggravato)
- la finalità di lavoro (che specifica in quale interesse l’attività viene svolta)
 
La causa violenta è un fattore che opera nell’ambiente di lavoro, e che danneggia l’integrità psico-fisica del lavoratore con azione intensa e concentrata nel tempo, presentando le seguenti caratteristiche: efficienza, rapidità ed esteriorità; può essere quindi rappresentata da sostanze tossiche, sforzi muscolari, microrganismi, condizioni climatiche e microclimatiche, microrganismi, virus o parassiti.
 
Quindi si è stabilito che col termine di malattia/infortunio vengono indicati tutti quei casi in cui al concetto di causa violenta si sostituisce quello di causa virulenta.  
 
In questo ambito ricade appunto il caso dell’infezione da COVID19 che determini un’inabilità temporanea per più di tre giorni, ovvero conseguenze di maggiore gravità (morte od invalidità permanente).
 
Nello specifico, la platea dei lavoratori che teoricamente possono essere interessati è estremamente ampia: si parte ovviamente dai lavoratori della sanità (medici, infermieri, tecnici, ausiliari e tutte le altre professioni sanitarie), oltre ai lavoratori di supporto alle attività sanitarie ed a quelli che prestino la loro attività entro stabilimenti sanitari, ma anche lavoratori che svolgano servizi pubblici od aperti al pubblico che possano comunque avere contatti, per il loro lavoro, con soggetti portatori del COVID19, ivi compreso il contatto con compagni di lavoro già affetti all'interno dell'ambiente di lavoro o comunque nello svolgimento dell'attività lavorativa.
 
Elemento decisivo per poter affermare il nesso causale fra l’attività lavorativa e l’infezione virale è il contatto documentato con soggetto che sia risultato positivo al test per il virus, e la successiva positivizzazione del test virale nel lavoratore affetto.
 
La certificazione di malattia/infortunio viene effettuata per via telematica dal medico o dalla struttura sanitaria che accerta il caso, che la trasmette all’INAIL ed al datore di lavoro per il successivo seguito. 
 
L’assicurazione INAIL si fa carico dell’indennità per l’inabilità temporanea, oltre alla erogazione di un indennizzo in capitale per invalidità permanente fra il 6 ed il 16%, una rendita per invalidità di grado superiore, ed una rendita ai superstiti con un’indennità una tantum in caso di infortunio mortale.
 
Dopo la denuncia della malattia da contagio di nuovo Coronavirus ci si può trovare di fronte ad un bivio:
- Se la patologia è  riportata nella Tabella delle Malattie Professionali INAIL e il lavoratore è adibito a quella mansione indicata in tabella o lavori a contatto con quegli agenti, (nello specifico lavoratori del comparto sanità) la legge presume che la malattia è causata dalla mansione;
- Se invece la malattia non rientra nelle tabelle come nel caso dell’agente nuovo Coronavirus , la procedura per farla riconoscere come malattia professionale è più complessa, ma non impossibile: occorre dimostrare che il lavoro l’ha causata (Corte Costituzionale sentenza n. 179/1988). Tuttavia, una sentenza del 21 aprile 2017 del Giudice del Lavoro di Ivrea ha sancito che il lavoratore non deve provare lo stretto nesso di causalità tra lavoro e patologia, ma è sufficiente la mera probabilità che possa esservi un rapporto di causa-effetto. Ne consegue che la differenza tra malattie tabellate e non tabellate è stata molto ridotta, a vantaggio del lavoratore malato.
 
Domenico Della Porta
Esperto FNOMCeO Gruppo di Lavoro Prevenzione e Sicurezza Operatori Sanitari
Presidente Osservatorio Malattie Occupazionali e Ambientali Università degli Studi-Salerno
13 marzo 2020
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