Un’adeguata leadership e governance per i sistemi sangue nazionali adeguatamente strutturati, ben coordinati e dotati di risorse sostenibili; servizi efficienti che garantiscano sangue, emocomponenti e farmaci plasmaderivati sicuri; un uso clinico appropriato per migliorare la salute e la sicurezza dei pazienti. E ancora, la presenza di servizi regolatori e laboratori di controllo che abbiano la capacità di valutare il sangue e i dispositivi medici associati; un sistema di sorveglianza appropriato che monitori il sistema sangue, incluse le reazioni avverse dei donatori e dei pazienti; il raggiungimento delle priorità attraverso partenariati, collaborazione e scambio di informazioni per raggiungere le priorità chiave e affrontare congiuntamente le sfide e le minacce emergenti a livello globale, regionale e nazionale.
Sono questi
i sei obiettivi strategici dettati per gli anni 2020-2023 dall’Oms in occasione del “kick-off meeting” dell’“
Action Framework to Advance Universal Access to Quality and Safe Blood and Blood Components for Transfusion and Plasma Derived Medicinal Products” organizzato a Ginevra.
Un’azione programmatica targata Oms e diretta a tutti gli Stati membri per garantire un accesso equo a sangue ed emocomponenti sicuri, anche nell’ottica della promozione della salute del donatore e del ricevente.
“I progressi nella sicurezza e nella disponibilità del sangue sono stati lenti in molte parti del mondo – spiega l’Oms – mettendo a rischio la sicurezza dei pazienti e esercitando un’indebita pressione sugli operatori sanitari. I progressi sono anche per lo più limitati ai paesi sviluppati. Per questa ragione quindi l’Action Framework propone uno sforzo rinnovato per aumentare l’implementazione di programmi per migliorare l’adeguatezza della donazione e l’accesso universale a sangue ed emocomponenti sicuri per le trasfusioni oltre che ai farmaci plasmaderivati”.
Dei circa 118 milioni di donazioni di sangue raccolte a livello globale, il 42% è raccolto in paesi ad alto reddito, che ospitano il 16% della popolazione mondiale. E un paese su quattro a basso reddito non sottopone a test tutto il sangue donato, mentre il 54% dei paesi non dispone di sistemi di sorveglianza per rendere efficiente la catena di approvvigionamento da donatore di sangue a paziente.
“L’obiettivo dell’Oms – ha spiegato il
direttore generale del Cns Giancarlo Liumbruno, presente a Ginevra a rappresentare l’Italia – è quindi quello di portare i Paesi a basso e medio reddito a livelli di accessibilità, qualità e sicurezza tipici dei paesi industrializzati questo significa cercare di garantire che in tutte le aree del mondo siano presenti sistemi nazionali sangue adeguatamente valorizzati e finanziati, proprio perché c’è la necessità di garantire questa terapia salvavita a tutti i pazienti che ne hanno bisogno, anche in situazioni di emergenza urgenza, aspetto tutt’altro che scontato nei Paesi in via di sviluppo. In 66 paesi il tasso annuale di donazione del sangue è inferiore a 10 per 1.000 abitanti, cioè al valore generalmente considerato il minimo indispensabile per poter garantire il soddisfacimento del fabbisogno trasfusionale di base di una nazione (in Italia il valore medio del 2018 è 42,5 per 1.000 abitanti e nella regione Marche è di 53,04)”.
Soprattutto, aggiunge il Direttore dell’Cns, bisogna garantire in tutti i Paesi l’accesso a medicinali plasmaderivati e far sì che la materia ricavata dal plasma possa essere utilizzata al meglio: “Pensiamo che nel mondo oltre nove milioni di plasma non riescono ad arrivare all’industria per essere trasformati in farmaci. Bisogna quindi fare un salto di qualità”.
“E il nostro paese, come sottolineato anche dalla stessa Oms, che ci ha affidato quest’anno l’organizzazione della Giornata Mondiale del Donatore – ha poi ricordato Liumbruno –
può essere un modello per gli altri, sia per il sistema basato sulla donazione non remunerata sia per gli sforzi fatti per garantire la sicurezza di donatori e riceventi”.
Non solo, proprio alla luce della necessità di utilizzare al meglio il plasma nel mondo, l’Oms sta organizzando un meeting finalizzato a identificare le strategie che i paesi in via di sviluppo possono adottare per utilizzare a pieno la loro risorsa interna di plasma come materia prima per la produzione di medicinali plasmaderivati. La sede prescelta era la Thailandia, ma a causa dell’emergenza da coronavirus è stato tutto rinviato. Un appuntamento che potrebbe essere riprogrammato nel mese di aprile proprio in Italia, a Roma, coinvolgendo il Centro nazionale sangue che porterebbe ad esempio la nostra esperienza in questo ambito.