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QS Edizioni - venerdì 22 novembre 2024

Scienza e Farmaci

“La Ricerca italiana è da serie A ma ora deve arrivare in Champions League”. Il Convegno al Centro Studi Americani

immagine 7 febbraio - Confronto ieri tra i massimi rappresentati italiani e stranieri sulle nuove frontiere della Salute con il Ministro per la Ricerca e l’Università, Gaetano Manfredi, in un Forum coordinato da Beatrice Lorenzin e che ha visto la presenza di un panel di scienziati che lavorano negli Stati Uniti e in Italia.
Puntare sulla ricerca e l’innovazione come motore di sviluppo e sostenibilità del sistema Paese. È quanto emerso dal secondo seminario del ciclo di Conferenze, ideato da Beatrice Lorenzin, dal titolo ‘La sfida: 2025-2050: un rinascimento scientifico a prova di sostenibilità per far vincere il paziente’ a cui ha partecipato tra gli altri il Ministro dell’Università e della Ricerca Gaetano Manfredi. L’obiettivo che si pone il ciclo di seminari è quello di costruire un bridge tra sapere scientifico e istituzioni, creando l’occasione affinché questi ultimi possano affrontare in modo positivo e proattivo le numerose sfide che il prossimo futuro 
 
“Cerchiamo di capire dove sta andando la ricerca biomedica e come può essere veramente un volano di sviluppo per l’economia italiana perché questo è il nostro petrolio e dall’altra parte come garantire queste scoperte straordinarie contro il cancro, contro le malattie degenerative, le nuove frontiere della genomica e i pazienti italiani”. Ha spiegato Beatrice Lorenzin coordinatrice del Forum HealthScience Brige. “Il panorama italiano è brillante nonostante tutto – ha spiegato - nei prossimi anni saremo però difronte ad un bivio: o riusciamo a valorizzare al massimo questo grande patrimonio della conoscenza e farlo diventare un’industria oppure rischiamo di retrocedere. Noi giochiamo in serie A, adesso dobbiamo andare in Champions e queste sono scelte strategiche del Paese”. 

“In Italia si parla poco di ricerca, poi improvvisamente nel momento in cui c’è la paura del contagio, penso al caso del coronavirus, chi isola questo virus nell’opinione pubblica diventa l’eroe nazionale. Questa è la storia che abbiamo avuto in questi anni, ma l’aria sta cambiando: le persone e quindi anche il mondo politico hanno cominciato a capire che la ricerca è un pezzo importante della loro vita” ha spiegato nel suo intervento Gaetano Manfredi, Ministro per la Ricerca e l’Università.

“C’è poi il tema del rapporto tra ricerca ed innovazione tecnologica. Noi stiamo vivendo una trasformazione epocale. Chi è immerso nel cambiamento non si rende conto di quello che sta succedendo. L’impatto della grande transizione digitale sta cambiando il nostro essere e sta modificando l’approccio alla ricerca perché noi abbiamo di rispondere al problema in maniera sempre più veloce. Oggi una ricerca verticale non ha grande futuro: a problemi complessi bisogna rispondere con risposte complesse. Bisogna cambiare quindi i nostri modelli organizzativi. Questo non vuol dire che bisogna perdere la specialità ma avere dei modelli formativi dove gli specialisti siano in grado di lavorare in team professionali. Abituate i nostri ricercatori ad un approccio multidisciplinare e dotare tutti di abilità digitali”.

“L’incontro di oggi è molto importante perché fa il punto sulla ricerca italiana in un momento in cui la ricerca è stata evocata come importantissima, basta pensare a quello che è emerso in occasione dell’epidemia del coronavirus” ha spiegato Walter Ricciardi, presidente mission board for cancer Eu. “Però per permettere lo sviluppo del Paese bisogna dargli le gambe con i finanziamenti e con le leggi. In questo momento l’Italia è in enorme ritardo su due leggi: la prima riguarda il recepimento del regolamento sulla privacy, sui dati. Siamo l’unico paese su 27 che non l’ha ancora recepito. Il secondo è la sperimentazione animale. Si parla di un rinvio, di una proroga di un anno. Non serve a niente perché per portare investimenti e far lavorare tranquillamente i ricercatori ce ne vogliono almeno tre. Ecco se non si fanno queste cose la ricerca è solo una parola”.

“Human Technopole vuole contribuire a migliorare la salute e il benessere dei cittadini. A regime, conterà su 1.200 ricercatori che svilupperanno ricerca di frontiera nelle scienze della vita con l’obiettivo di ideare nuovi approcci per la medicina personalizzata e preventiva” spiega il direttore di Human Technopole, Iain Mattaj, che aggiunge “Si tratta di uno dei più importanti investimenti in ricerca mai fatti dallo Stato italiano. Infatti, oggi più che mai, le life sciences rappresentano un vero e proprio investimento: uno studio del National Institutes of Health americano ha calcolato che per ogni dollaro investito in ricerca sulla genomica si ha un ritorno di 141 dollari. Per questa ragione parte del nostro impegno è dedicato a promuovere innovazione e progresso favorendo la traduzione delle scoperte scientifiche in applicazioni tangibili che vadano a beneficio dei pazienti e della società in generale. Nel fare questo non saremo soli, lavoreremo insieme a partner accademici, clinici e industriali per portare valore aggiunto alla comunità scientifica nazionale”.

“Italian Institute for Planetary Health” è un progetto dal respiro internazionale che ha come scopo quello di studiare con rigore scientifico le proprietà degli alimenti per poi provare a capire in quali occasioni e quantità è possibile consumarne per aiutare il corpo a stare meglio e a vivere di più” ha ricordato Giuseppe Remuzzi direttore dell’Istituto di ricerca farmacologiche Mario Negri. “Chi si occupa di scienze della vita ha il dovere di occuparsi non solo di come i farmaci sono in grado di prevenire le malattie ma anche come l’alimentazione aiuta la prevenzione”.

“Conosciamo probabilmente solo il 5% di quello che dovremmo sapere della biologia umana” ha evidenziato da parte sua Stefano Bertuzzi, amministratore delegato American Society of Microbiology. “In realtà, viviamo una rivoluzione copernicana che sta cambiando le scienze della vita: biologia, fisica ed informatica saranno sempre più integrate per poter risolvere i problemi più complessi dell’umanità. Certamente, però, da questa integrazione, soprattutto nel campo delle life sciences, sorgono almeno due grandi questioni che la società dovrà affrontare: prima di tutto, come sostenere i costi legati non solo alla ricerca ma, e soprattutto, relativi alla traduzione delle scoperte della ricerca in terapie che siano accessibili, eque e giuste e che non creino disparità sociali. Il secondo aspetto, non meno rilevante, riguarda le implicazioni etiche connesse sull’uso di tecnologie potentissime”.

“Abbiamo scoperto in una fase molto precoce della malattia, su topi che non presentavano ancora i segni patologici, un’alterazione nella neurogenesi, cioè nella formazione di nuovi neuroni nel cervello adulto. In particolare abbiamo osservato che all’interno delle cellule staminali del cervello, che sono addette a formare i nuovi neuroni, si creano degli aggregati chiamati A-beta oligomeri, ossia i mattoncini che formano la proteina tossica beta Amiloide. Come è noto, la beta Amiloide al di fuori dalle cellule crea le placche che sono tipiche della neurodegenerazione Alzheimer”. Ha ricordato Raffaella Scardigli, ricercatrice del Cnr presso la Fondazione EBRI Rita Levi Montalcini.  

“Tramite l’utilizzo dell’anticorpo A13, sviluppato all’EBRI – ha spiegato -siamo riusciti ad intercettare ed eliminare questi mattoncini dentro le cellule, nel luogo esatto dove si formano, prima che si accumulino fuori dalle cellule nelle placche di beta Amiloide. Un altro aspetto importante ed innovativo del nostro studio è che lo abbiamo fatto all’interno delle cellule staminali, cioè ancor prima che la beta Amiloide cominci a esercitare la sua azione dannosa. In questo modo le cellule staminali “ripulite” dagli A-beta oligomeri possono riprendere la loro funzione fisiologica e ricominciare a produrre neuroni sani.”
7 febbraio 2020
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