Due casi di nuovo Coronavirus anche in Italia: cosa cambia? "Il nuovo Coronavirus si è manifestato anche nel nostro Paese nel modo più prevedibile, ovvero trasportato da persone che provenivano dalla zona di epidemia, la città cinese di Wuhan, e hanno sviluppato una specifica sintomatologia - sottolinea
Marcello Tavio, Presidente Simit, Società Italiana di Malattie Infettive e Tropicali, e Direttore dell'Unità Operativa di Malattie Infettive degli Ospedali Riuniti di Ancona -. Nello stesso giorno, anche se in modo indipendente, con la dichiarazione dello stato di emergenza di salute pubblica di rilevanza internazionale, l’Oms ha deciso di passare dallo stato di massima allerta all’allarme globale".
Dalla Simit sottolineano come una "pandemia propriamente detta ancora non c’è"; i dati resi disponibili dalle Autorità cinesi e dall’Oms dicono che:
1. C’è un’importante focolaio epidemico in atto (non si sa quanto controllato) nella regione di Wuhan;
2. Ci sono alcuni focolai endemici (costituiti da un certo numero di casi più o meno collegati fra di loro) in altre parti della Cina;
3. Ci sono casi sporadici (non più di 100, per ora) nel resto del mondo, quasi tutti di importazione (in particolare in Europa).
E allora cosa cambia davvero per il cittadino italiano, alla luce di questi due elementi di forte novità?
"Cambia molto per il Sistema Sanitario Nazionale nelle sue articolazioni regionali e nei sui meccanismi di coordinamento a livello centrale; infatti, da questo momento in poi tutte le Nazioni devono dimostrare di poter rispondere in maniera immediata e appropriata ad eventuali focolai epidemici scoppiati al loro interno. E su questo punto l’Italia ha le carte in regola: sia il Sistema Sanitario Nazionale che quelli Regionali hanno sviluppato specifici protocolli operativi sotto la regia e con il supporto del Ministero della Salute e dell’Iss. In questa fase si deve solo continuare a vigilare sulla eventuale presenza di nuovi casi e sui soggetti eventualmente esposti ai due casi segnalati in Italia senza creare un allarme non motivato. In particolare, ogni tentativo di protezione individuale dall’infezione da nuovo Coronavirus basato sulla discriminazione della comunità cinese e sul ripudio della civile convivenza, non solo è eticamente inaccettabile, ma anche irrazionale".