Nell’area delle malattie rare la ricerca fa progressi arrivando anche a realizzare terapie innovative, ma queste patologie e i relativi farmaci “orfani” restano un problema rilevante specie sul piano economico e socio-sanitario. Le malattie rare colpiscono una persona su 10.000 ma se ne contano più di 7.000 e nella sola UE annoverano 30-40 milioni di pazienti. “Di contro, le criticità per i farmaci orfani sono essere ancora pochi, d’incerto valore clinico e costosi” sintetizza Vittorio Bertelé, dell’Istituto Mario Negri di Milano, in un incontro di sensibilizzazione promosso da Fondazione per la ricerca sulla fibrosi cistica onlus (FFC) e Corriere Salute.
La fibrosi cistica è una malattia rara, la più diffusa tra quelle genetiche gravi, presa a paradigma dei problemi da affrontare con queste patologie. “Investire su numerose “piccole” malattie è poco remunerativo quindi i farmaci sono ancora pochi, puntano a parametri biologici ma non sempre migliorano o allungano la vita dei pazienti, e sono costosi con spese oltre i 100.000 euro annui. Per la sostenibilità, il sostegno pubblico a ricerca e sviluppo dovrebbe concentrarsi soprattutto sulle malattie davvero rare e orfane di terapie”. Tra i suggerimenti del Comitato nazionale di bioetica del 2011 per lo sviluppo di nuovi principi attivi c’è anche l’abbassamento della soglia per le malattie rare a uno su 100.000, che manterrebbe comunque 25.000 pazienti nella Ue e un mercato adeguato: ma tra gli addetti ai lavori non sono tutti d’accordo su questa misura.
La fibrosi cistica presa come caso esemplificativo riguarda circa 7.000 italiani, deriva da mutazioni di un gene che codifica per la proteina Cftr che si trova sulle membrane epiteliali e assicura le secrezioni esterne, quindi idratazione e scorrevolezza, di molti organi: le conseguenze sono infiammazione, infezioni e disfunzioni soprattutto di bronchi e polmoni e poi di pancreas, vie biliari, intestino, dotti deferenti. “I progressi dei trattamenti, ad oggi sintomatici e palliativi, hanno consentito un incremento della durata di vita a più di 40 anni, ma con un protrarsi di sofferenza e peso terapeutico” ricorda Gianni Mastella, direttore scientifico della FFC. La Fondazione ha determinato una rete di centri di ricerca di livello internazionale, con identificazione di nuove mutazioni e messa a punto di molecole con importanti potenzialità terapeutiche. In 10 anni sono stati selezionati per un finanziamento 190 progetti. “Occorrono ora risorse per la sperimentazione nel malato e per questo chiediamo” aggiunge “un nuovo rilevante impegno allo Stato e alla società e un intervento più lungimirante all’industria farmaceutica”.
Dall’identificazione nel 1989 del gene Cftr mutato responsabile della fibrosi cistica molti progressi si sono fatti: fino a quello in campo terapeutico costituito da Kalydeco (Ivacaftor) che è stato approvato in queste settimane dalla Fda statunitense, efficace sui pazienti con la mutazione G551D. “Un successo, ma i pazienti con questa mutazione sono solo il 3-5% di quelli statunitensi e meno dell’1% di quelli italiani” precisa Luis J.V. Galietta, ricercatore di Genetica molecolare dell’Istituto G. Gaslini di Genova. “Si è dimostrato che nella fibrosi cistica sono in causa diverse mutazioni che agiscono con meccanismi differenti, occorrerà quindi realizzare farmaci per ogni classe di mutazione. “La nostra ricerca, grazie ai contributi della FFC e della Fondazione Telethon, si occupa invece della possibilità di realizzare nuovi farmaci che siano efficaci nei portatori della mutazione deltaF508, o altre mutazioni: la deltaF508 è la più frequente ed è un bersaglio più difficile della G551D”. Da notare, a proposito di costi, che per l’Ivacaftor è di ben 294.000 dollari all’anno per paziente; secondo un calcolo, solo per la Gran Bretagna si raggiungerebbe il 50% del costo per ricerca e cura di tutti i malati con fibrosi cistica.
I problemi della terapia riguardano anche l’impegno che richiedono quotidianamente (dall’aerosol alla fisioterapia). “Nell’ottica di dare vita ai giorni e non solo giorni alla vita, come afferma Rita Levi Montalcini, sono importanti anche aspetti quali la modalità di somministrazione” aggiunge dal canto suo Franco Berti, presidente della Lega italiana fibrosi cistica (LIFC), associazione di pazienti e familiari con oltre 6.000 iscritti. Va in questa direzione per esempio la nuova formulazione in polvere dell’antibiotico tobramicina, di Novartis, che riduce a pochi minuti il trattamento e aumenta l’aderenza terapeutica. Molte sono le ricerche in corso per nuove terapie, non solo mirate alla proteina Cftr difettosa con molecole potenziatrici e correttrici, ma relative anche ad antimicrobici e antinfiammatori contro le complicanze della malattia.
Elettra Vecchia