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QS Edizioni - lunedì 25 novembre 2024

Scienza e Farmaci

Demenze senili. Un fenomeno emergente anche tra i migranti: 680mila i casi di “decadimento cognitivo lieve” stimati dall’Iss nel primo studio sui quasi 13 milioni di migranti residenti in Europa

immagine 22 gennaio - Lo studio, pubblicato sul Journal of Alzheimer's Diseaseè stato effettuato sui 12,7 milioni di migranti, di  età compresa tra 60 e 89 anni, residenti nell’Unione Europea nel 2018. Tra i migranti residenti in Italia, sono stati stimati 34.655 casi (rispetto ai 916.865 nella popolazione generale), pari al 3,8% degli stranieri residenti nel nostro Paese.
Su un totale di 12.730.960 migranti, di età compresa tra 60 e 89 anni, residenti nell’Unione Europea (UE) nel 2018, i ricercatori dell’ISS hanno stimato circa 680.000 casi di decadimento cognitivo lieve (mild cognitive impairment - MCI), in uno studio pubblicato sul Journal of Alzheimer's Disease.
 
La proporzione di casi di MCI tra i migranti (rispetto al totale nella popolazione residente) varia dall’1.1% della Romania al 54.1% del Liechtenstein, con un incremento globale in quattro anni del 34% (dai 511.624 casi del 2014 ai 686.000 del 2018). In Italia, sono stati stimati 34.655 casi tra i migranti (rispetto ai 916.865 nella popolazione generale), pari al 3.8% degli stranieri residenti nel nostro Paese.
 
“Il MCI e la demenza rappresentano, e presumibilmente saranno sempre più, una problematica rilevante in termini di sanità pubblica nei migranti che vivono in Europa – dichiara Marco Canevelli, ricercatore dell’Iss, coordinatore dello studio - Le presenti stime, oltre ad assumere una particolare rilevanza alla luce dei cambiamenti sociodemografici in atto, confermano la necessità di sviluppare e adottare modelli di cura e assistenza che siano sensibili alle diversità e inclusivi nei confronti di una popolazione estremamente variegata sotto il profilo etnoculturale. Per questo, è necessario sviluppare e adottare strumenti che consentano di eseguire una valutazione cognitiva cross-culturale”.
 
Al riguardo, continua Marco Canevelli, “sarebbe opportuno ragionare sul possibile coinvolgimento di figure professionali come interpreti e mediatori culturali, dal momento che l’identificazione del MCI può risentire ed essere complicata da vari determinanti etnoculturali che possono influenzare la percezione personale e sociale del funzionamento cognitivo individuale nonché l’attendibilità della valutazione cognitiva”.
 
“In un contesto di evidente aumento dei flussi migratori dai paesi in via di sviluppo verso i paesi occidentali che comporta anche un cambiamento nell’offerta sanitaria pubblica – afferma Nicola Vanacore, responsabile scientifico dell’Osservatorio Demenze dell’Iss  – ‘contare’ diventa importante. In tal senso, le stime elaborate in questo studio rappresentano la base da cui partire nell’ambito del progetto ImmiDem - Dementia in Immigrants and ethnic minorities: clinical-epidemiological aspects and public health perspectives, il primo dedicato alla prevalenza della demenza nella popolazione di immigrati e nelle minoranze etniche, coordinato dall’ISS, con l’obiettivo di valutare l’accesso e la presa in carico da parte dei servizi dedicati e favorire percorsi di cura adeguati”.
 
Lo studio
Il numero di casi di MCI nei migranti anziani (≥ 60 anni) che risedevano nei 28 Paesi dell’Unione Europea, in Islanda, Liechtenstein, Norvegia e Svizzera al gennaio 2018 è stato calcolato moltiplicando il numero di migranti, fornito da Eurostat, aggiornato al 2019, e i tassi di prevalenza età-specifici del MCI desunti dai dati armonizzati prodotti dalla COSMIC collaboration.
 
Le demenze nel mondo
Il Rapporto dell’OMS riporta stime di crescita allarmanti della demenza: 35,6 milioni di casi nel 2010 che raddoppieranno nel 2030 e triplicheranno nel 2050 con 7,7 milioni di nuovi casi all’anno (uno ogni quattro secondi) e il cui impatto economico sui sistemi sanitari sarà di circa 604 miliardi di dollari l’anno, con incremento progressivo.  In Italia, il numero totale dei pazienti con demenza è stimato in oltre un milione (di cui circa 600 mila con demenza di Alzheimer) e circa tre milioni sono le persone direttamente o indirettamente coinvolte nell’assistenza dei loro cari. 
22 gennaio 2020
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