"La Simit può svolgere un ruolo fondamentale nella lotta all'Hiv, deve dare le regole del gioco, dire ciò che la scienza sta dicendo già da diversi anni e su quei dati costruire i protocolli diagnostico-terapeutici da applicare all'interno di tutte le regioni. La Simit, deve fare sentire la propria voce in maniera autorevole, colloquiando con le istituzioni ma indicando quella che è la strada giusta per mantenere e migliorare il successo raggiunto nella battaglia contro l'Hiv".
Così
Massimo Andreoni, direttore scientifico della 'Società Italiana di malattie Infettive e Tropicali', interpellato dall'agenzia
Dire ai margini del convegno 'Le politiche sull'AIDS in Italia e la loro applicazione territoriale', organizzato dal Ministero della Salute a Roma.
A tenere alto il dibattito è stato il dato che solo 7 regioni hanno dato applicazione al 'Piano Nazionale AIDS', quindi anche se "oggi sappiamo che la terapia permette di non trasmettere più l'infezione c'è un forte rischio di perdere tutto quello che abbiamo fatto fino ad ora per qualche regione che rimane indietro definitivamente nell'applicazione del Piano Nazionale contro l'Hiv- mette in guardia Andreoni- Il rischio che ci siano diversi atteggiamenti e diverse strategie per la cura dei malati Hiv è un rischio molto grosso. Lo Stato italiano è al primo posto al mondo per i risultati ottenuti, tanto che più del 95% dei nostri pazienti sono ben curati, perdere tutto questo sarebbe una colpa gravissima, speriamo quindi che tutte le regioni si adeguino al più preso al Piano nazionale contro l'Aids".
"Le istituzioni devono fare molto nella lotta contro l'Hiv, tanto che alcuni parlamentari hanno presentato diversi emendamenti ed è previsto anche un emendamento governativo per migliorare quella che è l'informazione e le campagne di educazione sull'Hiv e contro l'AIDS", ha commentato il vice ministro della Sanità,
Pierpaolo Sileri, presente all'incontro.
"Il ministero deve fare il suo lavoro, cioè vigilare, monitorare e spingere le Regioni a fare tutto ciò che deve essere fatto nell'interesse dei cittadini - continua il vice ministro, in riferimento alle difficoltà nell'applicazione del 'Piano Nazionale Aids' a livello locale - è evidente che i giovani non sanno cosa sia l'Hiv e se non sai cosa è la malattia non sai nemmeno come si trasmette. Dobbiamo fare un'opera di informazione, attraverso le scuole, le università, i social, la tv, per fare conoscere l'Hiv, fare capire che può diventare Aids e anche se esiste la terapia è meglio non ammalarsi. Per fare questo abbiamo bisogno di informazione, giusta, diretta, semplice, fruibile e ripetibile", conclude Sileri.