(Reuters Health) – Per valutare l’efficacia dell’uso delll’imaging con risonanza magnetica nella diagnosi differenziale di Malattia di Alzheimer,
Cyrus Raji e colleghi del
Mallinckrodt Institute of Radiology, dell’Università di Washington a St. Louis, hanno osservato le scansioni MRI di 40 pazienti (età media 67,7 anni) con una storia di lesioni cerebrali traumatiche che presentavano demenza o in generale deficit cognitivi.
Per ogni paziente è stata eseguita una risonanza magnetica, la sequenza volumetrica in 3D è stata analizzata con il software di valutazione cerebrale volumetrica Neuroreader. Il volume cerebrale dei 40 partecipanti veniva poi confrontato con un database normativo per determinare l’estensione dell’atrofia.
I risultati hanno mostrato che le lesioni traumatiche provocavano un danno maggiore al livello del diencefalo ventrale, una regione del cervello associata all’apprendimento e alle emozioni. L’atrofia era invece minima nell’ippocampo, la regione del cervello coinvolta nella memoria e nelle emozioni e che è maggiormente influenzata dalla demenza.
“Il fatto che non abbiamo riscontrato atrofia ippocampale o temporale parietale predominante in questo gruppo rispetto ad altre regioni suggerisce che il danno cerebrale e i meccanismi del declino cognitivo correlati a lesioni traumatiche sono potenzialmente distinguibili da quelli dell’Alzheimer e altre demenze“, scrivono i ricercatori.
“Penso che alle persone anziane con perdita di memoria venga diagnosticata quasi per default la malattia di Alzheimer”, conclude Raji. “Con una risonanza magnetica è possibile evitare un errore nella diagnosi di Alzheimer valutando le lesioni a livello dell’ippocampo”.
Fonte: J Alzheimers Dis 2019
Megan Brooks
(Versione Italiana Quotidiano Sanità/Popular Science)