I tumori delle vie biliari sono neoplasie piuttosto rare (l’incidenza è di circa 2 per 100 mila abitanti) con una prognosi non favorevole; a 5 anni dalla diagnosi il tasso di sopravvivenza è del 5-15% e in media i pazienti sopravvivono per pochi mesi. Un problema questo in gran parte legato al fatto che il 60-70% di questi tumori viene diagnosticato in fase avanzata (cioè quanto non sono più operabili o abbiano dato già metastasi a distanza), perché asintomatici.
In attesa di affinare la diagnosi o di individuare dei marcatori predittivi, c’è un
unmet need importante di trattamenti, volti almeno ad aumentare la sopravvivenza. E uno studio pubblicato su
JAMA Oncology suggerisce che la comune aspirina potrebbe ridurre la mortalità per questo tumore. Il razionale dell’uso dell’aspirina in un contesto oncologico è che l’inibizione della ciclo-ossigenasi è in grado di rallentare la crescita tumorale, mentre l’anti-aggregazione piastrinica potrebbe ostacolare la diffusione metastatica del tumore per via ematogena.
Sarah S. Jackson (
Division of CancerEpidemiology and Genetics,
National Cancer Institute, Usa) e colleghi sono andati a valutare i dati relativi a tutti ipazienti adulti ai quali era stato diagnosticato un tumore delle vie biliari tra il 1990 e il 2017, attingendo al data base CPRD britannico. Da questa coorte di pazienti sono stati selezionati i casi di tumore della colecisti, colangiocarcinoma, ampulloma e forme miste, ai quali era stata prescritta aspirina già prima, o dopo la diagnosi di tumore.
Tra i 2.934 pazienti con tumori delle vie biliari inclusi nello studio, il 23% aveva un tumore della colecisti, il 53% un colangiocarcinoma, l'8% un ampulloma, il 16% lesioni miste. Nel corso del periodo di osservazione sono stati registrati 2.415 decessi (pari all'82% del campione).
La sopravvivenza media registrata è stata 5,8 mesi, con un range da due a 15 mesi. 256 pazienti (il 9% del totale) assumevano già aspirina prima della diagnosi; un ulteriore 12% di pazienti (349) ha iniziato ad assumere aspirina dopo la diagnosi. Il 96% degli utilizzatori di aspirina prendeva una dose di 75 mg al giorno. Rispetto ai non utilizzatori, i pazienti in terapia con aspirina erano in generale più anziani e utilizzavano statine; i pazienti che utilizzavano aspirina già prima della diagnosi presentavano più frequentemente condizioni cardiologiche e comorbilità.
L'uso di aspirina è risultato associato ad una riduzione del rischio di mortalità del 27% nei pazienti con tumore della colecisti. I pazienti affetti da colangiocarcinoma in terapia con aspirina avevano un rischio di mortalità ridotto del 29%; quelli con ampulloma, se in terapia con aspirina, presentavano una mortalità ridotta del 56%.
Gli autori concludono che il rischio di mortalità risulta ridotto tra chi assume aspirina dopo la diagnosi di tumore delle vie biliari; l'attivazione piastrinica protegge le cellule tumorali dall'eliminazione, facilita la crescita delle cellule tumorali metastatiche e consente alle cellule tumorali di diffondere attraverso il torrente sanguigno. L'aspirina può quindi rallentare la diffusione metastatica delle cellule tumorali andando a inibire l'aggregazione piastrinica e migliora la sopravvivenza dei tumori delle vie biliari.
Un limite di questo lavoro, è la mancanza di dati sullo stadio tumorale alla diagnosi e sui regimi di chemioterapia somministrati. Tuttavia la maggior parte dei tumori delle vie biliari viene diagnosticato in fase tardiva; meno del 10% dei pazienti si presenta alla diagnosi con tumori resecabili; il 50% dei tumori ha già interessato i linfonodi alla diagnosi.
Maria Rita Montebelli