In occasione del congresso europeo di medicina respiratoria (ERS), tenutosi di recente a Madrid, sono state varate le nuove linee guida della
Global Initiative on Asthma (
GINA). Molte le novità, a cominciare da quella forse più eclatante, per quanto attesa e dovuta, che segna un punto di rottura rispetto ad anni e anni di pratica clinica.
La raccomandazione in questione è un invito a non utilizzare più i broncodilatatori a breve durata d’azione (i cosiddetti SABA), la terapia al bisogno che ha rappresentato il trattamento di prima linea per questa condizione negli ultimi 50 anni. Le nuove linee guida sconsigliano fermamente di utilizzare questi farmaci come unico presidio per ottenere un sollievo immediato dai sintomi dell’asma e raccomandano invece che a tutti gli adulti e agli adolescenti venga somministrato un trattamento a base di corticosteroidi per via inalatoria (ICS) che riduca il rischio di riacutizzazioni della malattia e ne controlli i sintomi.
Il paziente è sempre al centro del processo decisionale; la terapia da adottare va discussa col medico e la decisione condivisa col pazinete. In questo modo si possono individuare due strategie di massima, quella del ‘
preferred controller’ cioè del paziente che è più incline alla terapia quotidiana di mantenimento che consente di controllare i sintomi e di evitare le riacutizzazioni. L’altra è quella del ‘
preferred reliever’ cioè del paziente che preferisce ricorrere alla terapia on demand.
La terapia viene dunque proposta per 5 ‘step’ successivi, dedicata ai
preferred controller o ai
preferred reliever. In tutti gli step, protagonista del trattamento diventa l’associazione ICS-LABA (es. bedesonide-formoterolo), alla quale verranno associati via via altri farmaci inalatori o orali (tiotropio, antagonisti dei recettori dei leucotrieni, corticosteroidi orali – che non sono un’opzione da preferire visto il rischio di gravi effetti indesiderati- anti-interleuchina, anti-IgE), a seconda della gravità del quadro.
La rivoluzione operata da queste linee guida rispetto ai beta agonisti short acting è motivata dal fatto – spiegano
tout court gli esperti – che i SABA possono salvare la vita, ma anche uccidere. Finora la raccomandazione data ai pazienti con asma era di assumere una bassa dose quotidiana di ICS, che risulta molto efficace nel controllo dei sintomi, abbatte i ricoveri di un terzo e dimezza la mortalità. Tuttavia l’aderenza a questo tipo di trattamento è molto bassa e in generale i pazienti preferiscono ricorrere alla terapia
on demand, più che alla terapia di mantenimento, da assumere tutti i giorni. Un grave errore, commentano gli esperti, perché questo li espone a gravi rischi.
I tempi erano maturi per un cambiamento radicale ma è dal 2014 che GINA invita alla prudenza nell’uso dei SABA, suggerendo di riservarli a pazienti asmatici con sintomi non più di due volte al mese e senza fattori di rischio per riacutizzazioni.
Poi, nel 2018 sono stati pubblicati sul NEJM due studi che evidenziavano le ottime performance dell’accoppiata budesonide (un corticosteroide) – formoterolo sia in terapia di mantenimento (rispetto ai SABA) che al bisogno (rispetto ad una terapia di mantenimento con solo budesonide).
Oggi le linee guida GINA sconsigliano fermamente il trattamento al bisogno con beta agonisti short-acting, che se proprio devono essere assunti, almeno dovrebbero essere sempre associati ad un ICS. Ma c’è chi addirittura chiede che vengano ritirati dal commercio per essere sostituiti da un’associazione beta agonisti (long acting)-ICS nello stesso inalatore, per evitare che i pazienti assumano qualunque forma di beta agonista senza steroide associato.
Maria Rita Montebelli