E’ una di quelle notizie da sottolineare, offrendola alla sterminata platea della sessione plenaria del congresso dell’ESMO in corso a Barcellona. Perché è la prima volta nella storia del tumore del polmone non a piccole cellule (NSCLC) EGFR-mutato (circa il 10% dei pazienti NSCLC hanno questa mutaizone) che un farmaco dimostra un vantaggio sulla sopravvivenza, rispetto agli altri farmaci di questa stessa classe. La molecola in questione è osimertinib, un EGFR-TKI di terza generazione, e lo studio che ha sancito questo risultato eccezionale è il FLAURA.
Osimertinib, una piccola molecola a somministrazione orale (è formulato in compresse da 40 o 80 mg che si assumono una volta al giorno), è stato confrontato in questo studio con altri EGFR-TKI di vecchia generazione, in un gruppo di 556 pazienti con tumore polmonare non a piccole cellule (NSCLC), EGFR-mutati, in fase avanzata e non trattati in precedenza.
Già un paio di anni fa erano stati pubblicati sul
New England Journal of Medicine i dati relativi all’
endpoint primario dello studio, la sopravvivenza libera da progressione di malattia (PFS), che avevano mostrato un vantaggio di osimertinib rispetto ai controlli (trattati con gefitinib o erlotinib). I risultati avevano evidenziato una durata mediana della risposta di 17,2 mesi con osimertinib contro gli 8,5 mesi ottenuti dagli EGFR-TKI di vecchia generazione. Adesso che sono arrivati ‘a maturazione’ i dati sulla sopravvivenza, viene confermato il vantaggio di osimertinib rispetto agli altri farmaci della classe: a tre anni dall’inizio del trattamento risulta ancora vivo il 54% dei pazienti trattati con osimertinib, contro il 44% di quelli trattati con inibitori di vecchia generazione.
I dati sulla sopravvivenza complessiva (OS) dunque non solo confermano il vantaggio di osimertinib rispetto ai vecchi EGFR-TKI, ma sanciscono un nuovo record. “E’ la prima volta – commenta il professor
Filippo de Marinis, responsabile dell’Oncologia Toracica dello IEO di Milano – che si osserva un vantaggio sulla sopravvivenza in questa tipologia di pazienti. In particolare, i soggetti trattati con osimertinib presentano una sopravvivenza mediana di 38,6 mesi, contro i 31,8 mesi di quelli trattati con la vecchia generazione di questa classe di farmaci. Il che, tradotto in percentuale, significa che osimertinib offre ai pazienti il 21% in più di sopravvivenza rispetto agli inibitori di prima generazione. Un vantaggio netto di 8 mesi tra i due gruppi di trattamento, nonostante il fatto che alla progressione di malattia, il 31% dei pazienti trattati con i vecchi EGFR-TKI, avessero fossero ‘crossati’ al trattamento con osimertinib.
Va aggiunto anche che questo farmaco diffonde molto meglio a livello cerebrale; ciò significa che ritarda la comparsa di metastasi cerebrali e ne ritarda la progressione in chi ne è già portatore (circa il 30% dei pazienti con questa forma tumorale presenta metastasi cerebrali alla diagnosi).”
Ma i vantaggi del nuovo farmaco non si esauriscono qui. “I vecchi EGFR-TKI sono gravati da maggior effetti collaterali. Con osimertinib risultano molto ridotti il
rash cutaneo e la tossicità gastro-intestinale (diarrea); i pazienti trattati con il nuovo farmaco inoltre non presentano la paronichia, un effetto indesiderato invalidante, che colpisce le dita delle mani e dei piedi con i farmaci di vecchia generazione”.
Osinertinib è stato già inserito da un anno nelle linee guida dell’ASCO (
American Society of Clinical Oncology) come prima linea di trattamento per i pazienti con tumore polmonare non a piccole cellule EGFR-mutati; in Italia è disponibile per i pazienti in prima linea solo in CNN (l’ospedale può cioè comprare il farmaco dall’azienda al prezzo ‘politico’ di 1 euro, ma non è ancora previsto il rimborso AIFA in prima linea). Il farmaco è rimborsato per ora solo in seconda linea, per i pazienti progrediti dopo trattamento con gli EGFR-TKI di vecchia generazione e nuovamente sottoposti a biopsia che abbia dimostrato la comparsa della mutazione di resistenza T790M. “Analizzando la realtà italiana – incalza il professor de Marinis – questa terapia è ad oggi disponibile per non più del 40% dei pazienti con tumore del polmone e mutazione EGFR, che nel nostro Paese sono circa 2.200 l’anno; a tutti gli altri viene negato un farmaco che può dare 4 anni di sopravvivenza. Ci auguriamo che i risultati di sopravvivenza di questo studio facciamo modificare presto le indicazioni”.
Maria Rita Montebelli