Forte volontà istituzionale e precise scelte politiche. È quanto chiedono i professionisti coinvolti nella “filiera” della presa in carico del paziente diabetico affinché questa patologia cronica (che in Sardegna conta oltre 110mila casi) possa trovare la giusta risposta per ogni stadiazione. Precise scelte politiche che dovranno necessariamente passare per una forte iniziativa della Regione, dell’Assessorato e, a cascata, dell’Azienda unica (Ats), degli ospedali e dei centri erogatori sul territorio. Tutti raccolti e governati non solo da Pdta ad hoc ma anche da una rete informatizzata che è indispensabile per qualsiasi forma di gestione integrata di una patologia cronica.
Non sono dunque di poco conto le istanze dei partecipanti all’incontro in Sardegna organizzato da Quotidiano Sanità, con il sostegno incondizionato di Msd, nell’ambito del più ampio progetto di approfondimento e discussione sul territorio “Dialogo – DIAbetes LOcal GOvernance”.
A discutere di un tema così importante e delicato sono intervenuti
Emilio Montaldo, Mmg e membro del Comitato Centrale Fnomceo,
Umberto Nevisco, Segretario Fimmg Sardegna,
Stefano Garau della Fand,
Francesca Spanu, Presidente Amd Sardegna,
Maria Franca Mulas e
Giuseppe Spiga della Direzione Sanitaria Ats.
Come accennato in apertura tra i primissimi problemi evidenziati vi è quello di conoscere bene i pazienti
,come stratificarli e quindi comprenderne le personali esigenze. A parte i diabetici di tipo 1 o quelli molto gravi, in Sardegna l’approccio viene definito come piuttosto uniforme. Un approccio non corretto che non soddisfa né i pazienti né i professionisti. Di qui l’esigenza di traguardare la necessità di elaborare Pdta e Pai per il paziente diabetico o per i pazienti diabetici. E ovviamente trovare gli strumenti.
Problemi, peraltro, che hanno una genesi molto lunga e che sono sostanzialmente gli stessi quesiti di cui si iniziò a parlare nel lontano 2003, nell’ambito dell’avvio del Progetto Igea, che però ha visto la regione sostanzialmente ferma alla fase di “formazione dei formatori”. Di tutto quel sarebbe dovuto venire dopo per dare corpo e sostegno ad una reale gestione integrata della patologia diabetica non se ne fece più nulla.
E, soprattutto in Sardegna, i partecipanti hanno convenuto che non ha senso parlare di gestione integrata in maniera generica. Tutti sono d’accordo in linea di principio, in primis perché le forze in campo di tipo specialistico non sono più sufficienti ma soprattutto perché le proiezioni relative ai numeri dei diabetici di oggi (che già mettono in grande difficoltà i servizi) ma soprattutto di domani restituiscono numeri in grade aumento. E l’estrema necessità di una accurata stratificazione servirebbe proprio a rendere sostenibile un’azione comunque complessa come quella della gestione integrata.
Attualmente in Sardegna la media, laddove il diabetologo riesce a organizzarsi, di tempistica di visita non supera i 7 minuti. Con la consapevolezza che ci sono pazienti, magari microinfusi, che necessitano di ben altri tempi. Questo non significa che tutti debbano accedere alla gestione integrata poiché sono veramente tanti i pazienti che possono essere tranquillamente seguiti dal Mmg, soprattutto se, come è stato più volte specificato, quest’ultimo sarà messo in condizione di arricchire le proprie capacità prescrittive con i “nuovi” farmaci antidiabetici orali molto più sicuri e “maneggevoli” degli unici e ormai datati che gli sono concessi. Una prospettiva che libererebbe grandi risorse di tempo e professionali nelle diabetologie della Sardegna ciascuna delle quali, secondo gli intervenuti, ha l’insostenibile situazione di dover occuparsi mediamente di 6/7 mila pazienti e, a volte, anche 10mila.
Ma gestione integrata, o per usare un termine più volte sottolineato nel corso della discussione di “integrazione dell’assistenza” deve anche necessariamente fare rima con la creazione di una rete informaticain grado di fare sintesi dei dati clinici in tutto il territorio. Un’infrastruttura ritenuta necessaria e non più procrastinabile a prescindere dal tipo di diabete di cui una persona è affetta. È fondamentale perché la salute del paziente anche se prende solo metformina o fa terapia dietetica può essere attraversata da momenti particolari per cui può andare incontro ad un’ospedalizzazione, passando da un’assistenza a bassa intensità di cura ad una ad alta intensità di cura. Questo il percorso che bisogna immaginare per andare oltra la gestione integrata ed anche oltre quei sentimenti di sconfitta che traspaiono dalla declinazione regionale della survey di Sics-
Quotidiano Sanità e che sono dovuti, secondo i partecipanti, ad un vissuto che dal 2005/2007 non ha dato risultati.
Oggi in Sardegna un ruolo strategico dovrà averlo certamente l’Ats che gestisce circa l’80% dei pazienti diabetici(Il restante 20% è in carico alle Aziende ospedaliere) ma è necessario in primis un forte intervento della regione con precisi strumenti, anche legislativi, che per esempio aprano alla possibilità di accordi integrativi con i Mmg per dare compitezza all’intero sistema di presa in carico. Anche per evitareche, quando si parla di gestione integrata del diabete, si abbia l’impressione che si parli quasi esclusivamente di ruoli (poteri) personali. Come se, facendo un parallelismo cinematografico, si assegnassero ruoli per ciascun attore senza avere una scenografia, una regia, senza avere un piano definito delle azioni da svolgere, o meglio, delle scene da girare, senza alcuna sceneggiatura.
Forte, infine, l’esortazione a mettere mano ad una rete informatica ritenuta, come detto, indispensabile. Semplificando: che nel gestionale di un medico di famiglia possa esistere un bottone con scritto “diabete” e nel gestionale un bottone con scritto “medicina del territorio” non viene visto come un’impresa titanica. Perché non deve essere possibile condividere un repository “dalla banalità disarmante” con le 20 maggiori complicanze di un diabete? Si sono chiesti gli intervenuti. E magari anche con le 20 cose più importanti da fare per un diabetico di tipo 1 o 2? È un database, un elenco di dati, nulla di più. Non è neanche una flow chart dove magari serve un sistema binario per le scelte ma, come è stato sottolineato, è solo una banalissima serie di dati. È normale, hanno polemicamente osservato gli intervenuti, che il diabetologo non abbia strumenti per sapere se un paziente 15 giorni prima abbia o meno preso un cortisonico se non glielo dice egli stesso? O che il Mmg non possa sapere se e in che misura il diabetologo ha cambiato terapia?
Il problema, in buona sostanza, non viene certamente individuato nel tempo che, per esempio, un Mmg dovrà impiegare per redigere un Piano terapeutico (se e quando potrà prescrivere i nuovi antidiabetici) ma piuttosto nel ben più sentito bisogno di condividere conoscenze e pratiche con i colleghi specialisti i quali, dal canto loro, cercano di far capire con tutte le loro forze che quello che affolla le diabetologie è non aver capito che ogni paziente ha bisogno di un suo percorso personalizzato. Il che non significa avere 110mila percorsi diversi ma capire le esigenze del paziente, avere ben chiaro che il diabete non finisce nel momento in cui si da il farmaco ma che bisogna insegnare al paziente che malattia non vuol dire solo medicina ma significa gestione di situazioni, di stili di vita, di problemi metabolici. Ed è questo che prende tempo.
I risultati della survey in Sardegna. Alla domanda su come giudica la presa in carico integrata del paziente diabetico nella sua Regione Prevale il giudizio negativo (54%) e maggiore scontentezza è espressa dagli specialisti (60%). La maggioranza relativa propende per un giudizio insufficiente (oltre il 30%), nessuno valuta come “ottimale” la presa in carico e solo il 27% la considera discreta. Ben il 40% dei giudizi degli specialisti valutano come pessima la presa in carico (contro il 12% dei Mmg). Una valutazione che, rispetto alla media nazionale mostra ampi differenziali negativi: -10,38% per il giudizio “ottimo”, +17,82% per il giudizio “pessimo” e + 11.58% per quello “insufficiente”.
Per quanto riguarda gli aspetti della governance che possono essere migliorati, il 45% dei rispondenti ritiene che vi sia primaria necessità dell’Implementazione della rete tra mmg e specialisti; il 25% (oltre 14 punti percentuali in meno rispetto alla media nazionale) ritiene che sia necessaria una gestione dati informatizzata e condivisa e solo il 15% ritiene necessario o utile una maggiore valorizzazione del ruolo del Mmg (contro il 35% della media nazionale).
Di contro, circa la prospettiva per i medici di medicina generale di prescrivere farmaci antidiabetici orali innovativi (quali i DPP4-i), ben il 49% dei rispondenti ritiene che siano necessari percorsi formativi ad hoc e tale propensione è superiore di circa 9 punti alla media nazionale; solo il 18% ritiene che possa costituire un importante momento di valorizzazione del Mmg (contro il 35,19 della media nazionale). Peraltro, ben il 57% dei rispondenti ritiene che in Sardegna non esista un approccio ragionato e condiviso che approfondisce il rapporto tra accesso all’innovazione e sostenibilità economica, un valore superiore di ben 13 punti percentuali rispetto alla media nazionale e, purtroppo, solo il 3,85% ritiene di individuare all’orizzonte un approccio del genere.