Al primo posto in Italia per export farmaceutico nel 2018 con oltre 9,1 miliardi di euro. È il primato dell’industria farmaceutica presente nel Lazio. Esportazioni che a Rieti rappresentano quasi il 70% di tutto il settore manifatturiero. E addirittura il 90% considerando i soli comparti hi tech. Nel Lazio sono presenti oltre 60 aziende farmaceutiche con 16 mila dipendenti (e altri 6 mila sono nell’indotto). Cifra che pone la Regione nella top ten di quelle Ue per numero di addetti nelle imprese del farmaco. E il Lazio è al secondo posto in Italia come quota di ricercatori (1.125) e investimenti in R&S (300 milioni di euro).
I dati sono stati presentati oggi nel corso del roadshow di Farmindustria
Innovazione e Produzione di Valore. L’industria del farmaco: un patrimonio che l’Italia non può perdere. L’incontro si è svolto presso lo stabilimento di Takeda a Cittaducale/Rieti. Un percorso partito sei anni fa dalla Toscana, che ha toccato anche Emilia Romagna, Lombardia, Lazio, Puglia, Abruzzo, Marche, Campania, Sicilia.
“Salute, occupazione, innovazione, ricerca, giovani, donne, welfare, produzione, export: sono i punti di forza delle imprese del farmaco - afferma
Massimo Scaccabarozzi, presidente di Farmindustria -. Aziende che hanno dimostrato in questi anni di far leva sui territori per contribuire alla loro crescita economica e sociale. E che hanno garantito opportunità di lavoro a risorse umane altamente qualificate, in gran parte laureate o diplomate, con una quota crescente di assunzioni giovanili. Senza dimenticare la spinta in più, soprattutto nella R&S, che viene dal fattore 'd', come donne”.
L’industria del farmaco in Italia rappresenta quindi un asset strategico per il Paese che oggi, dopo una lunga rincorsa, ha superato la Germania e occupa il primo posto in ambito Ue per produzione. Un successo dovuto integralmente all’incremento dell’export, +117% tra il 2008 e il 2018, che ha trainato proprio l’aumento di produzione (+22%) negli ultimi dieci anni.
“Risultati che sono la base di nuove sfide - aggiunge Scaccabarozzi - perché vogliamo crescere ancora. I presupposti ci sono tutti. E le aziende sono pronte a continuare a investire. Ora è più che mai necessaria una governance che, partendo dal paziente, abbia come scopo principale l’accesso alle cure e la valorizzazione del ruolo industriale e di ricerca. Solo così è possibile attrarre sempre più investimenti, far crescere l’occupazione e moltiplicare le proficue sinergie con l’indotto e le Università”.
Un quadro della situazione del settore è stato offerto anche da Federico Spandonaro del Crea Sanità - Università degli Studi di Roma Tor Vergata: "La spesa farmaceutica in Italia è inferiore del 27% rispetto alla media delle 'Big' UE. I prezzi sono più bassi del 15-20% rispetto alla media europea. I farmaci a brevetto scaduto rappresentano il 90% delle confezioni presenti in farmacia e siamo il primo Paese per vendita di biosimilari".
Tutti dati che si inquadrano più in generale in un approccio verso la sanità che continua a vedere il comparto sempre solo come una spesa e poco o nulla come un'opportunità di sviluppo. Un approccio che sembra non tener conto, ha sottolineato ancora Spandonaro, che la "filera della salute è la terza impresa del Paese, garantisce il 10% dell'occupazione totale e dà corso al 10,7% del nostro Pil".
Ma nonostante questi dati nella sanità non si investe e il sottofinaziamento è ormai cronico. Tutti fattori che spingono Spandonaro a sottolineare come "in carenza di crescita non c'è spazio per l'innovazione. Con il rischio che l'unversalismo diventi di 'facciata'. La politica del 'silos' non è più sostenibile. C'è bisogno di una governance che coniughi politiche di finanza pubblica e politiche industriali". (
vedi slide).
L’industria farmaceutica in Italia. Quasi 200 aziende, 66.000 addetti (90% laureati o diplomati), 6.400 ricercatori, 2,8 miliardi di investimenti (1,5 in R&S e 1,3 in produzione). E poi 32 miliardi di euro di produzione nel 2018, quasi l’80% destinato all’export. Successi ottenuti grazie anche a risorse umane altamente qualificate e produttive. E sempre più giovani.
Basti pensare che gli under 35, tra il 2014 e il 2017:
- sono aumentati dell’11%;
- sono l’81% dei nuovi assunti;
- hanno, per circa l’80%, contratti a tempo indeterminato.
E la percentuale di impiego femminile supera abbondantemente il 40% e nella R&S il 50%.
Imprese che a livello globale hanno una pipeline di ricerca di 15.000 farmaci, oltre 7.000 in fase clinica, di cui il 40% frutto della Ricerca biotech per importanti aree, come l’oncologia, la neurologia, le patologie infettive, le malattie metaboliche, le patologie muscolo-scheletriche. Farmaci che a partire dagli anni ’50 a oggi in Italia hanno contribuito all’aumento dell’aspettativa di vita. E che, nel futuro, potranno dare un ulteriore contributo per la salute dei pazienti e la sostenibilità del Servizio Sanitario Nazionale.
L’industria farmaceutica è poi tra i settori più green dell’industria: in 10 anni le imprese del farmaco hanno ridotto i consumi energetici (-69%) e le emissioni di gas climalteranti (-66%). E quasi la metà degli investimenti ambientali è in tecnologie «pulite», che azzerano o riducono alla fonte l’inquinamento del processo produttivo.