Rimborsare la sanità digitale. È quanto chiedono a gran voce gli esperti della Società Europea di Cardiologia (RSC), se veramente la si intende integrare nella routine quotidiana dell’assistenza per far fronte alla cronicità. L’appello è contenuto in un
position paper dell’ESC pubblicato su
European Journal of Preventive Cardiology.
Per sanità digitale si intende l’impiego di informazioni e tecnologie della comunicazione per trattare pazienti, promuovere corretti stili di vita, condurre ricerche, educare i professionisti della salute, monitorare le malattie e la salute pubblica.
“Tra tagli di budget e carenza di medici – riflette il professor
Enrico Caiani (Dipartimento di Elettronica, Informazione e Bioingegneria, Politecnico di Milano), già responsabile del gruppo di lavoro dell’ESC sulla
e-cardiology – i servizi sanitari devono lottare per prendersi cura dei pazienti, in particolare di quelli cronici. E la situazione è destinata a peggiorare con l’allungamento dell’aspettativa di vita. Possiamo mettere a punto dei modelli di cura che incorporino le tecnologie già disponibili, ma finora questo non è stato fatto, soprattutto perché non esistono strategie condivise tra legislatori, industria, ospedali, medici e organizzazioni di pazienti”.
Le persone dal canto loro, usano con disinvoltura le ‘app’ per la salute, quali quelli collegate ad apparecchi per la misurazione della pressione, per registrare un elettrocardiogramma o misurare l’attività fisica. Il passo successivo dovrebbe consistere nell’integrare tutte queste informazioni nel sistema salute. Ma come?
La Società Europea di Cardiologia, già nel 2016 aveva esposto la sua
vision per giocare un ruolo proattivo nell’agenda della sanità digitale. Il documento appena pubblicato invece individua le barriere che ostacolano la sanità digitale e propone delle soluzioni.
Secondo gli esperti che hanno redatto il documento ESC i medici percepiscono la sanità digitale come un compito in più piuttosto che come una parte dell’assistenza al paziente. Esistono ancora preoccupazioni relative a
privacy, sicurezza e riservatezza dei dati. È necessario fare in modo che le tecnologie consentano di comunicare sia con gli ospedali che con gi ambulatori delle cure primarie. Ma l’ostacolo principale è considerato dagli esperti la mancanza di rimborso da parte dei servizi sanitari nazionali.
Secondo gli autori del documento, è inoltre necessario individuare nuove strade per incorporare la salute digitale. Ad esempio, un soggetto affetto da ipertensione potrebbe utilizzare una
app connessa ad un misuratore di pressione, per controllare la pressione stessa in presenza di sintomi; questi dati potrebbero poi essere inviati al medico o valutati in occasione della visita successiva. La stessa
app può ricordare al paziente di assumere le cure. E alcuni studi hanno dimostrato che questo modello integrato è decisamente più efficace ai fini del controllo pressorio, che non la semplice assunzione delle terapie.
“Queste nuove strategie organizzative sono imperniate a casa del paziente e non in ospedale – afferma il professor Caiani – I pazienti sono più informati sulle loro patologie e il consulto col medico diventa più produttivo perché i sintomi possono essere messi in relazione ad un dato oggettivo, quale la lettura della pressione”.
Il documento dell’ESC fa anche un appello ad effettuare ricerche sulla sanità digitale in modo di offrire ai servizi sanitari delle prove che il gioco valga la candela, che valga cioè la pensa di essere rimborsato.
Le aziende produttrici di tecnologie per la sanità digitale devono dal canto loro garantire la riservatezza dei dati e dimostrare che i loro prodotti sono efficaci e sicuri. Lo stesso dicasi per le ‘app’: i negozi virtuali dovrebbero incrementare controlli e verifiche prima di metterle in vendita ed essere trasparenti nel rivelare quali ‘app’ costituiscono dei
device medici approvati.
“Medici e pazienti - afferma Caiani – dovrebbero essere coinvolti nella progettazione di queste tecnologie, perché se non risultano accettabili per l’utente finale, non saranno mai adottate”.
Pollice verso infine per tutte quelle tecnologie che, rappresentando un onere ulteriore per il medico, riducono il tempo a sua disposizione da dedicare ai pazienti. Pazienti e pubblico potrebbero al contrario rappresentare un volano importante per accelerare l’adozione di queste tecnologie nell’assistenza sanitaria di tutti i giorni. “Le organizzazioni di pazienti – conclude Caiani - dovrebbero coalizzarsi con le società di cardiologia nazionali per guidare il cambiamento”.
Alla stesura del documento dell’ESC sulla sanità digitale hanno collaborato anche altri esperti italiani:
Patrizio Lancellotti,
Gianfranco Parati,
Marco Tubaro.
Maria Rita Montebelli