(Reuters Health) – I neurologi che studiano i cervelli danneggiati dei pugili e di altri atleti hanno da tempo individuato una patologia legata a lesioni alla testa denominata “sindrome da demenza pugilistica”, il cui studio potrebbe contribuire allo sviluppo di nuovi metodi diagnostici e trattamenti per l’Alzheimer.
La sindrome, anche nota come encefalopatia traumatica cronica (CTE), è associata a ripetuti colpi in testa e causa un tipo di demenza simile a quella di Alzheimer, caratterizzata da cambiamenti nel comportamento, confusione e perdita della memoria. L’encefalopatia traumatica cronica può colpire persone che praticano sport di contatto come box, rugby, calcetto e calcio, ma attualmente può essere diagnosticata solo dopo la morte, poiché è necessario rimuovere i tessuti cerebrali ed analizzarli per confermare la presenza della malattia.
Come la Malattia di Alzheimer, questa encefalopatia è caratterizzata da un accumulo anomalo di alcune proteine nel cervello. Una di queste, la proteina tau, forma filamenti che si raggruppano in grovigli all’interno delle cellule.
Lo studio
I ricercatori del Medical Research Council Laboratory of Molecular Biology (LMB) britannico sono riusciti a illustrare in dettaglio la struttura anatomica dei filamenti anomali di tau nell’encefalopatia traumatica cronica. “Le nostre nuove conoscenze su queste strutture potrebbero rendere possibile la diagnosi della encefaloptatia traumatica cronica nei pazienti in vita, sviluppando composti traccianti che si legheranno specificamente ai filamenti di tau della CTE”, dice
Michel Goedert, ricercatore presso l’LMB che ha co-condotto lo studio.
I ricercatori dell’istituto britannico hanno estratto filamenti di tau dai cervelli di tre persone con encefalopatia traumatica cronica dopo il loro decesso. In un caso si trattava di un ex giocatore professionista di football americano, mentre gli altri due erano ex pugili professionisti. Successivamente, è stata prodotta un’immagine dei filamenti usando una tecnica nota come microscopia crioelettronica. Il team ha scoperto che, sebbene le strutture della proteina tau nei tre pazientifossero identiche, vi erano differenze con quelle osservate nei pazienti con Alzheimer.
In futuro ciò potrebbe aiutare i medici a distinguere tra varie forme di demenza quando eseguono le diagnosi sui pazienti e a comprendere meglio il ruolo della proteina tau. “Non conosciamo ancora la natura chimica di queste molecole, ma ipotizziamo che possano rivestire un ruolo nell’assemblaggio della proteina tau in filamenti e che la loro abbondanza possa determinare il motivo per cui alcuni individui sviluppano encefalopatia traumatica cronica e altri no”, dice
Sjors Scheres, altro co-autore dello studio. “Il prossimo passo sarà quello di identificare tali molecole e comprendere meglio il loro ruolo nell’accumulo di proteina tau”.
Fonte: Nature 2019
Kate Kelland
(Versione Italiana Quotidiano Sanità/Popular Science)