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QS Edizioni - domenica 22 dicembre 2024

Scienza e Farmaci

Antibiotici. Calano i consumi ma Italia sempre sopra media Ue. 90% prescrizioni dai medici di famiglia e dai pediatri. Aifa: “Molte di queste evitabili”. Ogni anno 10mila morti per infezioni antibiotico-resistenti 

immagine 19 marzo - I consumi di antibiotici in Italia sono calati e nel 2017 si sono stabilizzate su 25,5 dosi giornaliere al giorno per mille abitanti. Ma restiamo ancora sopra la media UE. Peggio di noi Spagna e Francia con consumi intorno alle 30 dosi giornaliere per mille abitanti. Nel Sud Italia consumi una volta e mezzo superiori a quelli del Nord. Molto elevati i decessi correlati all’antibiotico-resistenza: in Italia sono circa 10 mila, il 30% di tutti quelli registrati in Europa. E l’Agenzia del farmaco lancia il suo monito: “Una parte rilevante di prescrizioni potrebbe essere evitata”. IL RAPPORTO AIFA
Il consumo di antibiotici in Italia, nonostante il trend in riduzione, è ancora superiore alla media europea. E inoltre si conferma una grande variabilità nei consumi e nella spesa tra le regioni. Ma soprattutto, “una parte rilevante di prescrizioni potrebbe essere evitata”. A evidenziarlo è il Rapporto Aifa sull’uso degli antibiotici in Italia 2017.
 
“Gran parte dell’utilizzo degli antibiotici – rileva Aifa - avviene su prescrizione del Medico di Medicina Generale o del Pediatra di Libera Scelta (circa il 90%). Pertanto la medicina generale rappresenta il punto focale per il monitoraggio del consumo di questa categoria di farmaci e per l’implementazione di iniziative di informazione e formazione per migliorare l’appropriatezza prescrittiva”.
 
I consumi. Il 90% è prescritto da medici di famiglia e pediatri.
Nel 2017 il consumo globale di antibiotici in Italia, comprensivo degli acquisti privati, è risultato pari a 25,5 dosi giornaliere per mille abitanti (DDD/1000 abitanti die). Oltre l’85% delle dosi, pari a 21,8 DDD/1000 abitanti die, sono state erogate a carico del Ssn, con una riduzione dell’1,6% rispetto al 2016. Questo dato comprende sia gli antibiotici erogati in regime di assistenza convenzionata (dalle farmacie pubbliche e private) sia quelli acquistati dalle strutture sanitarie pubbliche. Anche la spesa pro capite nazionale (14,33 euro) si è ridotta rispetto all’anno precedente dell’1,7%. Il 90% del consumo di antibiotici a carico del SSN (19,7 DDD/1000 ab die) è in regime di assistenza convenzionata, confermando che gran parte dell’utilizzo degli antibiotici avviene a seguito della prescrizione del Medico di Medicina Generale o del Pediatra di Libera Scelta.
 
Si consumano più antibiotici d’inverno. Si osserva un andamento stagionale molto marcato dei consumi tra i mesi invernali e quelli estivi, che passano da un minimo di 13,2 DDD/1000 ab die nel mese di agosto a un massimo di 27,29 DDD/1000 ab die nel mese di gennaio. L’utilizzo più frequente di antibiotici nei mesi invernali è correlato con i picchi di sindromi influenzali osservati nei diversi anni.
 
Consumi maggiori al Sud. L’analisi per area geografica conferma un maggior consumo al Sud e nelle Isole (24,9 DDD/1000 ab die) e al Centro (20,7 DDD/1000 ab die), rispetto al Nord (15,6 DDD/1000 ab die). Si evidenzia, comunque, una progressiva tendenza a un uso più attento di tali medicinali con particolari riduzioni dei consumi proprio nelle aree di maggior utilizzo. Le Regioni Campania e Puglia mostrano le contrazioni più importanti dei consumi (rispettivamente -5,5% e -6,8%) e un consistente calo della spesa (rispettivamente -5,1% e -8,5%).
 
Bambini sotto i 4 anni e over 75 coloro che li usano di più. Su base nazionale, l’analisi del profilo di utilizzo del farmaco per fascia d’età e genere conferma un maggior consumo di antibiotici nelle fasce di età estreme, con un livello più elevato nei primi quattro anni di vita (prevalenza d’uso 58,2% nei maschi e 55,3% nelle femmine) e dopo i 75 anni (prevalenza d’uso 50,6% negli uomini e 50,8% nelle donne); si riscontra anche un più frequente utilizzo di antibiotici per le donne nelle fasce d’età intermedie e per gli uomini in quelle estreme.
 
Il consumo di quelli acquistati dagli ospedali. II consumo di antibiotici acquistati dalle strutture sanitarie pubbliche rappresenta una minima parte del consumo di antibiotici a carico del SSN (2,1 DDD/1000 ab die), con una sostanziale stabilità dei consumi nel corso degli ultimi cinque anni. Vi è una differenziazione tra gli antibiotici erogati in regime di assistenza convenzionata e quelli acquistati dalle strutture sanitarie pubbliche.
 
Le tipologie maggiormente utilizzate. Nell’ambito dell’assistenza convenzionata, nel 2017, le penicilline in associazione agli inibitori delle beta-lattamasi rappresentano la classe di antibiotici a maggior consumo, seguita dai macrolidi e dai fluorochinoloni; sul versante degli acquisti delle strutture sanitarie pubbliche, invece, le tre classi di antibiotici più prescritte sono le penicilline associate a inibitori delle betalattamasi, i fluorochinoloni e le cefalosporine di terza generazione.
 
La prescrizione pediatrica. Nel corso del 2017 il 41,4% della popolazione pediatrica (0-13 anni) appartenente alle sei regioni analizzate (Lombardia, Veneto, Toscana, Lazio, Campania e Puglia) ha ricevuto almeno una prescrizione di antibiotici sistemici, e sono state prescritte in media 2,6 confezioni di questi farmaci. Si osserva un picco di prevalenza d’uso del 50%, senza differenze tra maschi e femmine, nel primo anno di vita del bambino. Questo valore si mantiene pressoché costante fino ai sei anni di età. La prevalenza diminuisce poi progressivamente fino ai 13 anni di età, dove si attesta al 30%.
 
Le differenze geografiche per tipologia di antibiotico. Le differenze geografiche nel ricorso agli antibiotici osservate nella popolazione generale si confermano anche per la popolazione pediatrica. Le associazioni di penicilline (compresi gli inibitori delle beta-lattamasi) rappresentano la classe a maggior prevalenza d’uso, seguite dai macrolidi e dalle cefalosporine, antibiotici considerati di seconda scelta secondo le linee guida per il trattamento delle infezioni pediatriche più comuni. L’uso di penicilline associate a inibitori delle beta-lattamasi (in prevalenza amoxicillina/acido clavulanico) nel 2017 è pari a 438 prescrizioni per 1000 bambini-anno, circa il triplo rispetto al gruppo di penicilline più selettive, rappresentate in massima parte da amoxicillina.
 
Nelle regioni del Sud si riscontra un minor utilizzo dell’amoxicillina rispetto all’associazione amoxicillina/acido clavulanico raccomandata nella popolazione pediatrica solo nei casi severi/complicati e recidivanti delle infezioni più frequenti (es. otiti). L’analisi ad hoc sulla classe dei fluorochinoloni si concentra sui consumi di due sottopopolazioni numericamente rilevanti (le donne con età compresa tra 20 e 59 anni e gli anziani con età ≥75 anni), scelte in base alla frequenza di uso inappropriato di fluorochinoloni e al profilo di rischio associato.
 
La prevalenza di prescrizione e i consumi dei fluorochinoloni nei due gruppi di popolazione considerati raggiungono in Italia livelli estremamente elevati. Negli anziani il valore è pari a 23,6% a livello nazionale con un picco del 32,8% nelle regioni del Sud. Dall’analisi della distribuzione del consumo di antibiotici sistemici in base alla classificazione proposta dall’OMS nella lista dei farmaci essenziali emerge che oltre il 40% delle prescrizioni non ha riguardato un antibiotico di prima scelta (comprendente penicilline ad ampio spettro e derivati nitrofuranici, come la nitrofurantoina), con un gradiente crescente da Nord a Sud. L’incidenza del consumo di antibiotici di ultima istanza, da utilizzare solo nei casi più gravi (es. cefalosporine di IV generazione), è minima anche perché sono molecole di uso esclusivamente ospedaliero.
 
L’inappropriatezza. Una parte rilevante di prescrizioni potrebbe essere evitata. Ciò è suffragato dall’ampia oscillazione stagionale dei consumi di antibiotici, fortemente influenzata dall’andamento delle infezioni virali nei mesi freddi e dai più accentuati picchi di sindromi influenzali registrati in alcuni anni. I fluorochinoloni rappresentano una classe di antibiotici di particolare rilevanza, sia per la capacità di indurre resistenza che per il rischio di effetti indesiderati. Si osservano consumi molto elevati anche nelle sottopopolazioni, in cui il loro uso è spesso inappropriato (donne con età compresa tra 20 e 59 anni, trattate per infezioni non complicate delle basse vie urinarie) o laddove vi è un particolare profilo di rischio associato (anziani con età ≥75 anni ad aumentato rischio di danni tendinei). Anche l’Agenzia Europea dei Medicinali (EMA) ha chiaramente raccomandato di usare i fluorochinoloni con particolare cautela in questi pazienti, che sono uno dei gruppi a maggior rischio di effetti indesiderati.
 
L’utilizzo, pur molto frequente in tutte le regioni (Lombardia e Veneto per il Nord; Lazio e Toscana per il Centro; Campania e Puglia per il Sud), rivela un gradiente incrementale Nord-Sud, in linea con quanto osservato in generale per i consumi di antibiotici in ambito territoriale. Questi dati mostrano quindi che, nonostante le raccomandazioni dell’EMA, in alcune aree del Paese, un anziano su tre riceve almeno una prescrizione di fluorochinoloni all’anno. L’associazione amoxicillina/acido clavulanico è l’antibiotico più utilizzato sia in ambito territoriale che ospedaliero. I dati contenuti nel Rapporto suggeriscono un probabile sovra-utilizzo di questa associazione, laddove potrebbe essere indicata la sola amoxicillina, che ha uno spettro d’azione più selettivo e ha quindi un minor impatto sulle resistenze. Ciò è particolarmente evidente nella popolazione pediatrica.
 
Tale fenomeno è in contrasto con l’indicazione contenuta in molte linee guida, secondo le quali l’amoxicillina è considerata la terapia di prima scelta per il trattamento in ambito territoriale delle infezioni batteriche più frequenti in pediatria, quali la faringotonsillite streptococcica e l’otite media acuta. - Nella popolazione pediatrica (0-13 anni) si osserva un picco di prevalenza d’uso del 50%, nel primo anno di vita del bambino, senza differenze tra maschi e femmine. Questo valore si mantiene pressoché costante fino ai sei anni di età, sottolineando la necessità di porre una particolare attenzione all’uso degli antibiotici in questa fascia di popolazione.
 
Antibiotico-resistenza. In Italia un terzo dei decessi in Europa. Uno studio recente dell’European Centre for Disease Prevention and Control (ECDC) riporta che nel 2015, nei Paesi dell’Unione europea e dello Spazio economico europeo, si sono verificati 671.689 casi di infezioni antibiotico-resistenti, a cui sono attribuibili 33.110 decessi, un terzo dei quali si è verificato in Italia, evidenziando la gravità del problema nel nostro Paese.
 
Dall’indagine risulta inoltre che le infezioni resistenti agli antibiotici sono diffuse in tutte le fasce di popolazione, ma colpiscono in particolare le fasce estreme di età. Il 75% dei casi è dovuto a infezioni correlate all’assistenza sanitaria, e ciò a sostegno della necessità di intervenire con azioni di contrasto soprattutto negli ambienti di cura
 
Il confronto con l’Europa. In Italia il consumo (secondo i medesimi parametri Ue ndr.) è risultato pari a 23,4 DDD/1000 ab die e si è mantenuto superiore rispetto a quello della media europea, pari a 21,7 DDD/1000 ab die. La differenza rispetto alla media europea si è tuttavia ridotta notevolmente nell’ultimo quinquennio, passando dal 28,3% del 2013 al 7,8% del 2017.
 
I paesi europei con i consumi più bassi sono risultati Olanda ed Estonia (rispettivamente, 10,1 e 11,5 DDD/1000 ab die), mentre quelli con i consumi più elevati sono risultati Cipro (33,6 DDD/1000 ab die), Spagna (31,4 DDD/1000 ab die) e Francia (29,2 DDD/1000 ab die). Nel quinquennio 2013-2017 è stato registrato in Europa un andamento stabile del consumo territoriale (variazione media annua -0,01%). I Paesi in cui è stata osservata una riduzione statisticamente significativa sono Italia (-1,14%), a seguire Finlandia (-0,85%), Lussemburgo (-0,74%), Germania (-0,44%), Regno Unito (-0,43%), Svezia (-0,38%), Norvegia (-0,37%) e Olanda (-0,17%). In nessun paese è stato rilevato un aumento dei consumi statisticamente significativo.
 
Dall’analisi di confronto di specifiche classi di antibiotici rispetto alla media europea si osserva in Italia un consumo maggiore di chinoloni (2,7 vs 1,6) e macrolidi (3,8 vs 2,9) e un consumo minore di tetracicline (0,5 vs 2,2). Il consumo ospedaliero4 registrato in Italia (2,14 DDD/1000 ab die) è allineato a quello della media europea (2,07 DDD/1000 ab die). Dal confronto dei dati nazionali rispetto a quelli europei, riferiti a specifiche classi di antibiotici, si registra in Italia un consumo minore di penicilline (Italia 0,78 vs EU/EEA 0,9) e di tetracicline (Italia 0,03 vs EU/EEA 0,07), mentre risulta maggiore il consumo di chinoloni (Italia 0,4 vs EU/EEA 0,23) e di sulfonamidi-trimetoprim (Italia 0,12 vs EU/EEA 0,07). Infine, la variazione media annua rilevata in Italia nel periodo 2013-2017, pari a +0,03%, non è statisticamente significativa ed è paragonabile a quella europea, pari +0,01%.
19 marzo 2019
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