La HLH è una rarissima patologia ereditaria del sistema immunitario che colpisce 2 bambini ogni 100 mila nuovi nati. L’unica speranza di guarigione per questi bambini è rappresentata dal trapianto di staminali ematopoietiche, ma per arrivare a questo traguardo è necessario tenere a bada l’esagerata risposta infiammatoria che caratterizza la malattia. Senza trattamento, la HLH può risultare fatale nell’arco di poche settimane e con i trattamenti attualmente a disposizione, il 40% dei pazienti presenta un esito sfavorevole.
La HLH primaria compare in genere nella prima infanzia, ma a volte colpisce bambini in età scolare e, più raramente, adolescenti o adulti. Nelle persone affette si riscontrano di frequente mutazioni a carico dei geni che regolano la capacità di cellule del sistema immunitario (nella fattispecie linfociti T e cellule natural killer) di uccidere le cellule bersaglio, come ad esempio cellule infettate da virus.
Le terapie per l’HLH
L’unica speranza di guarigione da questa malattia iper-rara è rappresentata dal trapianto di midollo, ma arrivarci non è semplice. E’ necessario nel frattempo controllare il più possibile, con la terapia di induzione, le manifestazioni di questa malattia che può essere fatale in quasi un bambino su due. Al momento la terapia più utilizzata è l’associazione desametasone-etoposide. L’aggiunta di ciclosporina A non ha dimostrato un beneficio di sopravvivenza. Non esistono terapie di salvataggio standardizzate, ma in qualche caso è stato utilizzato alemtuzumab. Le terapie attualmente utilizzate provocano in generale un’immunosoppressione più o meno marcata e, nel caso dell’etoposide, anche mielosoppressione.
L’interferon gamma è stato individuato da tempo come possibile target terapeutico; i pazienti con HLH presentano elevati livelli ematici di IFN-gamma.
Queste osservazioni hanno portato allo sviluppo di
emapalumab, un anticorpo monoclonale umano IgG1 che si lega con elevata affinità all’interferon-gamma (sia nella forma libera, che quella legata al suo recettore); il nuovo farmaco si è rivelato in grado di spegnere l’esagerata risposta infiammatoria tipica di questa malattia, neutralizzando gli effetti derivanti dall’eccessiva produzione di interferon-gamma. Questo consente di controllare la malattia in attesa del trapianto salva-vita, evitando tra l’altro gli effetti indesiderati associati alle elevate dosi di cortisone o chemioterapici con i quali sono stati trattati finora questi piccoli pazienti.
Lo studio NI-0501-04 sull’emapalumab nella HLH
Lo studio NI-0501-04 di fase 2/3, in aperto, a singolo braccio, presentato a San Diego, ha interessato 34 pazienti, arruolati presso 21 centri. La maggior parte dei bambini che hanno preso parte alla sperimentazione aveva meno di 12 mesi ed era naive al trattamento o aveva fallito precedenti terapie convenzionali per l’HLH. Scopo di questa ricerca era investigare la neutralizzazione dell’IFN-gamma come terapia a target per l’HLH. Il farmaco è stato somministrato per via endovenosa a dosaggi variabili ogni 3-4 giorni; come terapia di background veniva inoltre somministrato desametasone. Lo studio ha centrato l’endpoint primario di efficacia, il tasso di risposta globale (ORR). Emapalumab si è dimostrato efficace nel 70% dei trattati; in molti bambini la febbre è scomparsa già dopo pochi giorni di trattamento e si è registrato un netto miglioramento dei sintomi nel corso della durata dello studio. Il tempo medio di risposta globale (OR) è stato di 8 giorni e la risposta è restata sostenuta durante tutto il trattamento. Il farmaco è stato testato nella forma primaria di HLH. La sperimentazione è stata coordinata in Europa dall’Ospedale pediatrico ‘Bambino Gesù’ (
first investigator il prof.
Franco Locatelli) e negli Usa dal Children’s Hospital Medical Center di Cincinnati.
E’ attualmente in corso un’ulteriore sperimentazione per testare l’efficacia di emapalumab nelle forme secondarie di HLH, in particolare nei pazienti pediatrici che sviluppano quella forma di HLH conosciuta come MAS (
Macrophage Activating Syndrome) nell’ambito dell’artrite idiopatica giovanile sistemica o di altre malattie reumatologiche del bambino. Questa sperimentazione è coordinata dal dottor
Fabrizio De Benedetti, responsabile unità operativa di reumatologia dell’Ospedale Bambino Gesù di Roma.
Maria Rita Montebelli