A seconda della durata e del tipo di eventi stressanti, ma anche dell’età e del sesso di ognuno di noi, lo stress può avere effetti diversi. A volte funziona da stimolatore sulle funzioni cognitive ed affettive, ma altre induce effetti nocivi nel cervello, che sono stati addirittura collegati allo sviluppo di malattie neuropsichiatriche. Ma da oggi nei casi peggiori, le sinapsi eccitatorie nel cervello che utilizzano glutammato come neurotrasmettitore potranno rappresentare un bersaglio per terapie contro lo stress. A dimostrarlo uno
studio dell’Università di Milano in collaborazione con l’Università di Buffalo, Yale e Rockfeller University, pubblicato su
Nature Reviews Neuroscience.
Lo studio ha infatti dimostrato come lo stress induca modificazioni nel rilascio di glutammato (il trasmettitore più abbondante nel cervello), nella funzione dei suoi recettori e nel metabolismo del glutammato in aree cerebrali corticali e sottocorticali, che alterano marcatamente le funzioni cognitive, affettive ed il comportamento.
Integrando le nuove conoscenze con alcuni studi precedenti sui meccanismi con cui stress e glucocorticoidi (gli ormoni dello stress) modificano le sinapsi e la trasmissione nervosa basate sul glutammato, sarà possibile, secondo i ricercatori pensare nuove linee di sviluppo di farmaci.
“Grazie ai nostri studi – spiegano i ricercatori nell’articolo – sappiamo qualcosa in più del funzionamento del cervello e della patofisiologia dei disturbi neuropsichiatrici legati allo stess. Con queste nostre ricerche potremmo potenzialmente trovare nuovi trattamenti per queste patologie”. Le terapie future potrebbero infatti minimizzare gli effetti dell’esposizione allo stress sui siti di regolazione della sinapsi glutammatergica.
Secondo i ricercatori sarà dunque possibile sviluppare nuovi farmaci che agiscano sul sistema glutammatergico, e che potrebbero contribuire a risolvere i problemi ancora esistenti nelle terapie basate sui tradizionali farmaci psichiatrici oggi in uso.