toggle menu
QS Edizioni - venerdì 22 novembre 2024

Scienza e Farmaci

AHA /2 Omega-3: l’icosapent etile ad alte dosi riduce il rischio cardiovascolare. Nessuna protezione contro i tumori con EPA e DHA

di Maria Rita Montebelli
immagine 11 novembre - Due importanti studi, entrambi pubblicati sul New England Journal of Medicine, in contemporanea con la presentazione al congresso dei cardiologi americani, hanno dato risultati contrastanti circa l’effetto degli omega-3 sulla riduzione del rischio cardiovascolare. Il VITAL ha utilizzato una miscela di EPA e DHA al dosaggio di 1 grammo al giorno, mentre il REDUCE-IT ha utilizzato l’icosapentil etile (E-EPA) ad alte dosi (4 gr/die). Solo il secondo approccio ha dato un risultato netto sulla riduzione del rischio cardiovascolare
Studio VITAL. Assumere omega-3 o vitamina D non protegge né dagli eventi cardiovascolari (con la sola eccezione dell’infarto e in popolazioni speciali), né dalla comparsa di tumori. E’ la cruda risposta dello studio VITAL, presentato al congresso dell’American Heart Association (AHA) in corso a Chicago e pubblicato in contemporanea sul New England Journal of Medicine. Lo studio ha arruolato 25.871 americani adulti (età media 50 anni per gli uomini, 55 per le donne), senza storia di ictus, infarto o tumori, seguendoli per una mediana di trattamento di 5,3 anni. Il disegno dello studio (in doppio cieco, fattoriale 2 x 2, controllato) prevedeva la somministrazione in maniera randomizzata, di vitamina D3 (colecalciferolo 2.000 UI/die) e di oemga-3 (EPA e DHA 1 gr/die) oppure di  vit.D3 e placebo, oppure di placebo e omega -3 o di placebo. Gli endpoint primari erano i MACE (un composito di infarto, ictus, mortalità CV) e i tumori. Né i MACE, né la comparsa di tumori è risultata ridotta dalla somministrazione di omega-3 e di vitamina D3. Gli omega-3 tuttavia hanno prodotto una riduzione significativa degli infarti soprattutto nella popolazione afro-americana e nei soggetti che consumano poco pesce nella dieta.
 
Studio REDUCE-IT. La somministrazione di icosapent etile (E-EPA) al dosaggio di 4 grammi/die in una popolazione di pazienti ad alto rischio riduce in maniera significativa l’endpoint composito cardiovascolare rischio di mortalità CV, infarto, ictus, rivascolarizzazione secondaria, angina instabile. Presentato al congresso dell’AHA, anche questo studio è stato pubblicato in contemporanea sul New England Journal of Medicine. Il razionale dello studio è che nonostante la terapia con statine, soprattutto i pazienti con ipertrigliceridemia, presentano un rischio cardiovascolare residuo elevato.
 
L’icosapent etile è la forma altamente purificata dell’estere etile dell’acido eicosapentaenoico che riduce i livelli di trigliceridi e possiede allo stesso tempo proprietà anti-infiammatorie e anti-ossidanti, oltre ad altre caratteristiche anti-aterogene. Il REDUCE-IT è uno studio di fase 3b randomizzato, in doppio cieco, controllato versus placebo che ha arruolato una popolazione di oltre 8.000 soggetti con livelli di trigliceridi ≥ 150 mg/dl e <  500 mg/dl, con LDL < 40 mg/dl e ≤100 mg/dl, in terapia cronica con statine e con una storia di un pregresso evento cardiovascolare, o diabete o altri fattori di rischio cardiovascolari.
 
A questi pazienti è stato somministrato in maniera randomizzata icosapent etile (EPA) al dosaggio di 4 grammi/die o placebo. Endpoint primario dello studio era un composito di mortalità cardiovascolare, infarto del miocardio non fatale, ictus non fatale, rivascolarizzazione coronarica o angina instabile. Il principale endpoint secondario era un composito di mortalità cardiovascolare, infarto non fatale, ictus non fatale. Il follow up mediano del trial è stato di oltre 4,5 anni. i risultati dimostrano che la somministrazione di icosapent etile ad alto dosaggio in questa popolazione di pazienti a rischio ha ridotto del 25% l’endpoint composito primario di mortalità cardiovascolare (-20%), infarto non fatale, ictus, rivascolarizzazione coronarica (-35%) e ricovero per angina instabile. La riduzione degli infarti fatali e non fatali è stata del 31% rispetto al gruppo di controllo e quella di ictus fatali e non, del 28%.
 
Maria Rita Montebelli
11 novembre 2018
© QS Edizioni - Riproduzione riservata