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QS Edizioni - giovedì 21 novembre 2024

Scienza e Farmaci

Tromboflebiti degli arti inferiori. Ecco come trattarle al meglio

di Maria Rita Montebelli
immagine 2 novembre - Una revisione di tutti gli studi principali pubblicati sul trattamento delle tromboflebiti superficiali degli arti inferiori incorona il fondaparinux come il farmaco più efficace nel ridurre il rischio di tromboembolismo venoso, estensione o recidiva della tromboflebite superficiale. Lo studio più significativo al riguardo ha utilizzato per 45 giorni un dosaggio intermedio tra il terapeutico e il profilattico. Alla luce di queste evidenze, secondo gli autori andrebbero riviste le attuali linee guida di trattamento americane.
Le tromboflebiti superficiali degli arti inferiori sono un problema molto comune ma da non sottovalutare perché possono a volte complicarsi in trombosi venosa profonda o dare recidive che a loro volta possono evolvere verso una trombosi venosa profonda. JAMA di questa settimana pubblica un’analisi di tutti gli studi clinici (sono 33) pubblicati sull’argomento dal 1970 al 2017 (su un totale di 7.296 persone di età compresa tra i 19 e i 94 anni) che, valutando gli esiti dei diversi trattamenti utilizzati (farmaci anticoagulanti, antinfiammatori, chirurgica, elastocompressione, placebo, nessun intervento). Il primo nome dello studio è quello dell’italiano Marcello Di Nisio, Dipartimento di Medicina e Geriatria, Università ‘G. D’Annunzio’ di Chieti-Pescara.
 
Endpointprincipali dell’analisi era l’efficacia rispetto ad un evento tromboembolico sintomatico (cioè la capacità di prevenire una trombosi venosa profonda o l’embolia polmonare) e al sicurezza (valutata come sanguinamenti maggiori). Gli endpoint secondari erano: embolia polmonare sintomatica, trombosi venosa profonda sintomatica o progressione da tromboflebite superficiale a trombosi venosa profonda; estensione o recidiva della flebite superficiale; mortalità; effetti indesiderati del trattamento; eventi tromboembolici arteriosi.
 
Uno studio condotto su 3.022 pazienti con tromboflebite superficiale acuta sintomatica ha dimostrata che la somministrazione di fondaparinux 2,5 mg/die per via sottocutanea per 45 giorni risultava associata a tassi minori di tromboembolia venosa sintomatica, di estensione della flebite superficiale e di recidive, con un tasso di sanguinamenti maggiori sovrapponibile a quello del placebo (un paziente per gruppo di studio).
 
Un altro trial, condotto su 472 pazienti con tromboflebite superficiale che ha confrontato fondaparinux 2,5 mg/die s.c. con rivaroxaban 10 mg/die per os ha evidenziato lo stesso tasso di tromboembolismo venoso sintomatico in entrami in gruppi (1 caso per gruppo fondaparinux contro 3 del gruppo rivaroxaban), ma la somministrazione di fondaparinux è risultata associata ad un minor tasso di estensione o recidiva di tromboflebiti superficiali.
 
Altri due trial hanno dimostrato che la somministrazione di eparina a basso peso molecolare (EBPM) a dosaggio intermedio tra il terapeutico e il profilattico per un mese risultava associato ad un tasso minore di tromboembolismo venoso, rispetto al trattamento a dosi intermedie per soli 10 giorni o a quello con dosi profilattiche.
 
Il trattamento con antinfiammatori non steroidei è risultato invece associato a tassi inferiori di estensione e recidive della tromboflebite, senza incidere tuttavia sul rischio di tromboembolismo venoso.
Non hanno prodotto infine risultati conclusivi gli studi condotti con tecniche chirurgiche (trombectomia), sulodexide orale, trattamento con FANS topici, desmina i.m., enzimi ev e calze compressive.
 
Dall’analisi di tutti questi studi gli autori concludono che, stando ai risultati del trial più numeroso, il trattamento con fondaparinux risulta associato a tassi inferiori di tromboembolismo venoso senza determinare peraltro un aumento dei sanguinamenti maggiori rispetto al placebo. Il giudizio rispetto al rivaroxaban orale rimane sospeso circa l’efficacia. Infine, i dati scaturiti dagli studi con EBPM e FANS, sebbene di scarsa qualità, sembrano suggerire che questi trattamenti si associno ad un minor rischio di estensione o recidiva della tromboflebite superficiale, rispetto al placebo, ma non proteggano dal tromboembolismo venoso.
 
Gli autori di questa revisione sottolineano infine che i risultati di questi studi appaiono in parte incongruenti con le attuali raccomandazioni cliniche dell’American College of Chest Physicians che suggeriscono per le tromboflebiti superficiali un trattamento di 45 giorni con fondaparinux o con EBPM a dosaggio profilattico. I dati riportati da questa revisione evidenziano tuttavia che il trattamento con EBPM nel trattamento delle tromboflebiti superficiali non protegge dal tromboembolismo venoso. Insomma, ci sarebbe qualcosa da rivedere in queste raccomandazioni.
 
Maria Rita Montebelli
2 novembre 2018
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