(Reuters Health) – Secondo i CDC americani, la violenza da partner intimo (IPV) è un “danno fisico, emotivo o psicologico perpetrato da un partner attuale o da un ex”. La IPV può avvenire senza coinvolgimento sessuale e può interessare sia coppie etero, sia omosessuali. La violenza sessuale, invece, è un atto sessuale commesso senza il consenso di una persona e si verifica in tassi simili su uomini e donne. Quando la violenza è sia intima che sessuale si parla di IPSV (intimate partner and sexual violence).
Lo studio
Tanya Zakrison e colleghi, edll’University of Miami Miller School of Medicine,hanno riportato i dati relativi a 2.034 pazienti con trauma da IPSV, il 63% dei quali era di sesso maschile. Per gli uomini, la contusione era la lesione più comune e si è verificata nel 54% dei casi, mentre il 29% ha riportato un trauma da penetrazione. Sulla base del test di screening Hurt, Insult, Threaten, Scream, il 4,8% degli uomini avrebbe subito un danno fisico da un partner, rispetto al 4,3% delle donne. Complessivamente, inoltre, il 15,8% degli uomini ha riferito un qualsiasi IPV o violenza sessuale e il 4,8% ha riportato una IPSV. Gli uomini con trauma da penetrazione avevano, infine, maggiore probabilità di riferire IPSV, anche associato a malattie mentali, abuso di sostanze ed episodi ricorrenti.
I commenti
“Il ‘ciclo della violenza’ potrebbe essere interrotto se gli uomini che sono sopravvissuti e gki autori di atti di violenza venissero identificati e ricevessero un intervento tempestivo”, scrivono gli autori. “I programmi di sostegno per queste popolazioni potrebbero avere avere un impatto sulla malattia mentale associata, sull’abuso di sostanze e sulle recidive”. Secondo Carnell Cooper, dell’University of Maryland
Shock Trauma Center di Baltimora, i dati presentati sono “forti” ma implementare lo screening sarà ‘”impegnativo”. “Nell’ambito di un centro traumatologico, lo screening sarà utile solo se si avrà a disposizione una possibilità di intervento efficace sulla base dei risultati ottenuti. In effetti, alcuni operatori sono riluttanti a fare domande di questo tipo perché non saprebbero poi affrontare l’emergenza”, aggiunge l’esperto, che ha scritto un editoriale sullo studio.
Fonte: Journal of Trauma and Acute Surgery
Reuters Staff
(Versione italiana Quotidiano Sanità/Popular Science)