La somministrazione di inibitori di pompa protonica (PPI) potrebbe facilitare la comparsa di polmoniti nel paziente anziano. Il
warning arriva dalle pagine di
Journal of the American Geriatrics Society da parte di un gruppo di ricerca dell’Università di Exeter (Gran Bretagna).
I PPI, farmaci utilissimi e preziosi se correttamente prescritti, sono utilizzati in alcuni Paesi dal 40% della popolazione adulta, ma secondo gli esperti fino all’85% di queste prescrizioni sarebbero inappropriate. Un’osservazione questa che dovrebbe invitare a discutere con il proprio medico l’utilità del continuare ad assumere, magari per lunghi periodi, questi farmaci. Che di certo non vanno però neppure interrotti su iniziativa dei pazienti visto che, così facendo, potrebbero andare incontro a gravi conseguenze, come un sanguinamento gastro-intestinale.
Farmaci di grande utilità dunque, ma non innocui. Diversi studi condotti negli ultimi tempi hanno associato l’assunzione prolungata di PPI a un maggior rischio di fratture o di malattie cardiovascolari o di alcune infezioni batteriche (come la colite da Clostridium difficile).
Lo studio appena pubblicato getta luce su un nuovo potenziale rischio di questi farmaci: la polmonite acquisita in comunità.
I ricercatori di Exeter sono andati a ricercare l’esistenza di una correlazione statistica tra assunzione di PPI e polmonite tra gli anziani. “Il nostro studio – commenta
David Melzer, professore di Epidemiologia e Salute Pubblica presso la
University of Exeter Medical School– ha dimostrato che c’è un tasso maggiore di polmonite tra gli anziani in trattamento con PPI per un periodo di due anni.”
I ricercatori hanno utilizzato i dati del
Clinical Practice Research Datalink (CPRD) inglese, un grande database contenente dati provenienti dalla medicina generale. All’interno di questa banca dati sono stati selezionati gli over-60 in trattamento regolare con PPI per più di un anno (circa 75.000), confrontandoli con altrettanti controlli. Nell’arco del secondo anno di trattamento con PPI, il rischio di contrarre una polmonite è risultato dell’82% maggiore rispetto ai controlli.
Un dato sul quale riflettere, che viene da uno studio con molti punti di forza (come il fatto che il database usato è ben rappresentativo dell’intera popolazione adulta inglese), ma anche una serie di limitazioni inerenti al metodo statistico utilizzato (PERR
, prior event rate ratio) e alla tipologia stessa dello studio, un’analisi longitudinale di cartelle cliniche elettroniche.
Questi risultati dovrebbero comunque rappresentare un monito alla prudenza nella somministrazione dei PPI per periodi prolungati nell’anziano. Le ricerche future cercheranno di individuare quali sono gli individui a maggior rischio.
Maria Rita Montebelli