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QS Edizioni - sabato 17 agosto 2024

Scienza e Farmaci

Ictus. Ridurre la pressione non influisce sulle microemorragie

di Will Boggs
immagine 18 aprile - La riduzione della pressione arteriosa, nei casi di ictus, non avrebbe un’influenza diretta sulle microemorragie  che si verificano di frequente in questi pazienti. L’evidenza emerge da un’analisi secondaria  dello studio Atach-2, pubblicato da Jama Neurology
(Reuters Health) – Pur essendo comuni nei pazienti con emorragia cerebrale acuta, le microemorragie non beneficerebbero della riduzione intensiva della pressione sanguigna, almeno secondo un’analisi secondaria dello studio Atach-2, i cui risultati sono stati pubblicati da Jama Neurology. A coordinare la nuova analisi dei dati è stato Ashkan Shoamanesh, della McMaster University di Hamilton, in Canada.

La premessa
I ricercatori hanno ripreso le immagini ottenute dalla risonanza magnetica nell’ambito dello studio randomizzato Atach-2, che valutata la riduzione intensiva della pressione arteriosa nelle persone colpite da emorragia intracerebrale acuta. L’obiettivo di Shoamanesh e colleghi, in particolare, era quello di stimare la probabilità di espansione dell’ematoma, il deterioramento clinico e se la risposta al trattamento variasse in base al numero e alla posizione delle microemorragie a livello cerebrale.

Lo studio
Tra i 167 pazienti inclusi nell’analisi, il 72% aveva almeno una microemorragia, per una media di quattro. E durante un follow-up medio di 92,3 giorni, il decesso o la disabilità si sono verificati con la stessa frequenza tra i pazienti con microemorragie e quelli senza. Ugualmente, l’espansione dell’ematoma è avvenuta con la stessa frequenza all’interno di questi due gruppi. E questi stessi eventi si sono verificati sia tra i pazienti trattati per la riduzione della pressione arteriosa che tra quelli in trattamento standard.

“Attualmente non è chiaro se i pazienti con emorragia intracerebrale acuta traggano vantaggio dall’abbassamento intensivo della pressione arteriosa sotto i 140 mmHg”, dice Shoamanesh. “Alcuni sottogruppi di pazienti potrebbero rispondere specificatamente a questo trattamento, e abbiamo bisogno di capire quali”.

Fonte: Jama Neurology

Will Boggs

(Versione italiana Quotidiano Sanità/Popular Science)
18 aprile 2018
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