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QS Edizioni - venerdì 22 novembre 2024

Scienza e Farmaci

Trapianto di rene da vivente. Usare la laparoscopia per un “prelievo dolce”

immagine 14 novembre - In Italia nell’ultimo decennio solo il 12,7% dei rene trapiantati proveniva da un donatore vivente. Ma la diffusione di una tecnica di prelievo dolce dell’organo potrebbe capovolgere lo scenario. La nuova tecnica consiste nel prelievo laparoscopico.
Donare da vivi un rene è più facile e sicuro con una nuova tecnica di chirurgia mini-invasiva, laparoscopica. I vantaggi del “prelievo dolce” sono stati sottolineati oggi a Roma in occasione del convegno nazionale “Il trapianto di rene da vivente. Un’alternativa efficace” organizzato dal Centro Nazionale Trapianti e dall’Ospedale Pediatrico “Bambino Gesù”. I lavori, in particolare, si sono concentrati sui risultati ottenuti al Policlinico universitario “Agostino Gemelli” di Roma, dove sono stati eseguiti con successo due trapianti di rene da donatore vivente in cui il prelievo del rene da trapiantare è stato effettuato con tecnica “Hand-Assisted” (che consiste nell’introduzione della mano dell’operatore attraverso una piccola incisione, di soli 6 cm). I due prelievi eseguiti dall’équipe guidata da Jacopo Romagnoli e trapiantati dall’equipe di Franco Citterio presso il Centro Trapianti del Policlinico universitario della Cattolica di Roma, sono i primi effettuati con questa tecnica per trapianto in persone adulte nella Regione Lazio.
“La tecnica ‘Hand-Assisted’ – ricorda una nota del Policlinico - conferisce maggiore sicurezza rispetto alle altre tecniche disponibili e come in tutta la chirurgia mininvasiva consente un miglior risultato estetico, minore dolore, minori complicanze, una ridotta degenza ospedaliera e una più rapida ripresa delle attività quotidiane. L’incisione necessaria per l’estrazione dell’organo col taglio chirurgico classico è lunga dai 15 ai 20 cm, contro i 6 di quella in laparoscopia”.
La prima coppia donatore/ricevente era costituita da una donna di 42 anni che ha donato il rene al marito di 54 anni, la seconda da una donna di 53 anni che ha donato l’organo alla figlia di 32 anni. Le donatrici hanno avuto entrambe un decorso postoperatorio regolare e sono state dimesse cinque giorni dopo l'intervento. I riceventi, entrambi affetti da insufficienza renale cronica allo stadio terminale, sono stati anch’essi dimessi dopo 10 giorni dal trapianto con ottima funzione del rene trapiantato. “A un mese dall’intervento – sottolinea il Policlinico - i quattro pazienti sono in eccellenti condizioni di salute, con ottima funzione renale”.
“Il trapianto di rene è la migliore terapia oggi disponibile per il trattamento dell’insufficienza renale cronica – ha spiegato Citterio - e ha risultati migliori rispetto al trattamento dialitico. In particolare, il trapianto da donatore vivente consente di ridurre i tempi di attesa in dialisi e in alcuni casi si può evitare la dialisi. Quando vi sia la disponibilità di un donatore, dopo un accurato studio che accerti la sicurezza dell’intervento per il donatore, è infatti possibile fare il trapianto prima di entrare in dialisi il cosiddetto trapianto preemptive. La giovane da noi trapiantata, per esempio, ha ricevuto il rene dalla madre e non ha mai fatto dialisi”.
“La tecnica del prelievo di rene da donatore vivente con laparoscopia è molto diffusa negli USA, in Nord Europa, Corea, Australia, Giappone – ha aggiunto Romagnoli - ciò nondimeno in molti centri trapianto in Europa si esegue ancora l'intervento con tecnica tradizionale”. La tecnica laparoscopica, applicata nel donatore di rene per la prima volta nel 1995 negli USA, si è diffusa con una certa lentezza, aggiunge l’esperto, “perché richiede che il chirurgo abbia contemporaneamente esperienza sia di laparoscopia che di chirurgia del trapianto di rene e non tutti i centri trapianto hanno chirurghi con queste caratteristiche”. Per di più i centri che hanno un elevato volume di attività, dove il chirurgo può recarsi per fare training, sono pochi e tutti all'estero, infine si tratta di un intervento assai delicato da imparare perché si opera su un paziente "sano" e qualsiasi complicanza si ripercuote a cascata sul successivo intervento di trapianto”.

“In Italia la percentuale di donatori viventi di rene è ancora troppo bassa rispetto ai centri del Nord Europa”, sottolinea il dottor Romagnoli. Basti pensare che mentre nel Regno Unito oggi circa il 50% dei trapianti di rene è effettuato con organi provenienti da donatori viventi, in Italia nell’ultimo decennio soltanto nel 12,7% dei trapianti di rene effettuati l’organo proveniva da un donatore vivente. Laddove è stata introdotta la tecnica mini-invasiva di prelievo del rene, si è visto incrementare verticalmente il numero delle donazioni. “Ho lavorato per nove mesi presso il Guy's Hospital di Londra – racconta il dottor Romagnoli - il più grande centro europeo per numeri ed esperienza nel prelievo laparoscopico di rene da donatore vivente con tecnica ‘Hand-Assisted’, e lì ho imparato ed eseguito questo tipo di intervento: il centro trapianti del Guy's è passato in soli cinque anni da una media di 30 trapianti di rene da vivente l'anno a 130 l'anno, grazie all'adozione di questa tecnica”.
Gli esperti si dicono quindi certi che la diffusione di questa metodica, “che garantisce maggiore sicurezza rispetto alla tecnica laparoscopica tradizionale”, potrà permettere di incrementare il numero di trapianti anche nel nostro Paese, contribuendo a risolvere il problema della cronica carenza di organi che rappresenta ancor oggi il maggior limite all’attività di trapianto.
 
14 novembre 2011
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