toggle menu
QS Edizioni - venerdì 22 novembre 2024

Scienza e Farmaci

Stress cronico e turni di notte possono far ingrassare. Ecco perché

di Maria Rita Montebelli
immagine 3 aprile - La perdita delle fisiologiche oscillazioni delle concentrazioni ematiche di cortisolo, sarebbe alla base di un complesso meccanismo che porta a mettere su peso, trasformando i precursori degli adipociti in cellule adipose mature. I precursori degli adipociti ‘ignorano’ le normali fluttuazioni circadiane del cortisolo o i picchi di cortisolo di breve durata rilasciati per uno stress acuto (es. esposizione al freddo, esercizio fisico), mentre si trasformano in adipociti maturi in risposta ad un’esposizione protratta ai corticosteroidi, per uno stato di stress che si trascina dal giorno alla notte, o per la somministrazione notturna di cortisonici per uno stato di malattia.
Perché alcune persone ingrassano ‘per lo stress’? E’ un’ipotesi plausibile o si tratta dell’ennesima leggenda metropolitana? Un lavoro appena pubblicato su Cell Metabolism fornisce quella che potrebbe essere la prima prova ‘molecolare’ del perché alcuni individui aumentino di peso in condizioni a causa di una condizione di stress cronico, di ritmi circadiani disturbati  o anche di terapie a base di glucocorticoidi. Il filo conduttore che lega tutte queste condizioni all’aumento di peso, starebbe nelle alterazioni del ritmo circadiano del cortisolo, l’ormone delle stress per antonomasia.
 
E secondo i ricercatori della Stanford University School of Medicine autori di questo studio appena pubblicato, è possibile controllare il peso corporeo, mettendo in atto delle strategie volte a controllare la temporizzazione dei ‘picchi’ ormonali.
 
“La nostra ricerca - spiega Mary Teruel, professore associato di biologia chimica e dei sistemi – spiega perché il trattamento con glucocorticoidi, farmaci assolutamente essenziali in alcune condizioni patologiche (dall’asma alle patologie reumatologiche) possa condurre all’aumento di peso, fino all’obesità e suggerisce come somministrare questi farmaci senza incorrere in questi sgraditi e pericolosi effetti collaterali, come l’aumento di peso.”
 
Il rinnovo del ‘parco’ adipociti
Gli adipociti hanno normalmente un tasso di turnover pari al 10 per cento circa l’anno (una cellula su dieci ogni anno muore e viene rimpiazzata da un adipocita ‘giovane’). Questo tasso si mantiene costante nel tempo e i ricercatori americani sono andati ad indagare cos’è che mantiene stabile questa percentuale e cosa invece può rompere questo equilibrio e portare all’obesità.
 
 “Grazie al nostro studio – spiega la Teruel - sappiamo adesso qual è il codice circadiano che controlla questo ‘interruttore’, abbiamo cioè individuato quali sono le molecole che mantengono quest’ordine. I ricercatori americani hanno infatti scoperto che la maturazione delle cellule adipose subisce un’accelerazione se il nadir (l’oscillazione verso il basso) dell’esposizione ai glucocorticoidi dura meno di 12 ore.
In una persona normale, le concentrazioni ematiche di glucocorticoidi mostrano delle oscillazioni verso il basso o verso l’alto nelle 24 ore, con il picco più alto verso le 8 di mattina e le concentrazioni più basse verso le 3 di notte. Lo zenith di concentrazione verso le otte di mattina rappresenta una sorta di segnale di ‘sveglia’ per tutto l’organismo. In condizioni di stress, i glucocorticoidi possono mostrare concentrazioni elevate, a prescindere dal naturale ritmo circadiano; uno stress di breve durata (ad esempio una corsa) provocherà dei picchi di glucocorticoidi nel sangue anch’essi di breve durata, mentre uno stress cronico, produce un sostenuto aumento di concentrazione di questi ormoni.
 
E’ noto da tempo che i glucocorticoidi scatenano la conversione degli elementi precursori in cellule adipose e che il nostro tessuto adiposo contiene una gran quantità di elementi precursori, pronti a trasformarsi in adipocita al segnale convenuto. Di norma, soltanto l’1% di questa popolazione si converte in cellula adiposa; ma allora, si sono chiesti i ricercatori americani, cos’è che impedisce ai precursori di convertirsi in cellule adipose, in risposta ai normali picchi circadiani di glucocorticoidi (ad esempio al picco delle 8 di mattina) o ai brevi picchi legati a stress a breve termine (es.quelli generati da una corsa o passando da un ambiente riscaldato, al freddo dell’ inverno) e come mai, stress cronico, jetlag o le alterazioni del ritmo circadiano (come nei turnisti) sono correlati all’obesità?
 
PPAR-gamma, le proteine ’interruttore’ dell’obesità
In una prima parte di esperimenti in vitro i ricercatori della Stanford hanno esposto i precursori degli adipociti a diversi ‘bagni’ di glucocorticoidi nell’arco della giornata per 4 giorni consecutivi. In questo modo hanno potuto dimostrare che un’esposizione ai glucocorticoidi per 48 ore provocava il maggior tasso di differenziane, mentre ‘polsi’ di esposizione più brevi, con intervalli di almeno 12 ore tra uno e l’altro, inducevano il minor numero di differenziazioni.
 
Per capire quale fosse il meccanismo scatenante la differenziazione in caso di esposizioni prolungate, i ricercatori sono ricorsi all’imaging ‘dal vivo’delle singole cellule e al monitoraggio delle proteine PPAR-gamma, marcate con una sonda fluorescente. Le PPAR-gamma correlano con il grado di maturità dell’adipocita; quando la concentrazione di PPAR-gamma raggiunge una determinata soglia si ha la differenziazione da precursore ad adipocita maturo.
 
Grazie a questi esperimenti i ricercatori hanno individuato due molecole in grado di controllare la differenziazione dei precursori degli adipociti, in risposta ai corticosteroidi; queste molecole agiscono sulle PPAR-gamma rispettivamente come ‘freno’ (la CEBP-alfa) o come ‘acceleratore’ (la FABP4).
 
La conferma nell’esperimento ‘in vivo’
A questo punto i ricercatori americani sono andari a testare in modello animale (il topo) se queste loro osservazioni fossero riscontrabili anche in vivo. E la conferma c’è stata. La perdita del normale ritmo circadiano dei glucocorticoidi, portava, in 21 giorni, ad un raddoppio della massa grassa dell’animale. Gli autori dello studio hanno sottoposto gli animali ad un impianto di glucocorticoidi e nel gruppo di controllo, ad un impianto non contenente ormoni. Ai due gruppi è stata somministrata la stessa quantità di cibo per tutto il periodo dello studio ed è stato monitorato il loro peso. Alla fine, quelli con gli impianti di glucocorticoidi avevano raddoppiato la loro massa grassa, sia per aumento del numero di adipociti, che per aumento di volume di quelli preesistenti. I ricercatori hanno evidenziato anche che, somministrando i glucocorticoidi in bolo (per iniezione) in corrispondenza dei normali picchi circadiani, non si verificava alcun aumento di peso.
 
Le ricadute sull’uomo
Si tratta di osservazioni che possono avere importanti ricadute nell’uomo. “Questo studio dimostra che il ‘timing’ dello stress è molto importante. Questi risultati dimostrano che anche se si è molto stressati o se si devono assumere glucocorticoidi in terapia, si può riuscire a non aumentare di peso, a patto che stress o somministrazione di glucocorticoidi si verifichino solo di giorno. Al contrario se lo stress è continuativo e ci perseguita anche di notte, o se si assumono glucocorticoidi anche durante le ore notturne, la perdita delle normali fluttuazioni circadiane del cortisolo produrrà un significativo aumento di peso.
 
E i ricercatori della Stanford guardano già avanti. Il prossimo stadio di questa ricerca andrà a valutare le interazioni tra cibo, insulina e glucocorticoidi.
 
Maria Rita Montebelli
3 aprile 2018
© QS Edizioni - Riproduzione riservata