L’impiego degli inibitori della DPP-4, farmaci che hanno rivoluzionato il trattamento del diabete di tipo 2, potrebbe essere associato ad un aumentato, seppur modesto, rischio di malattie infiammatorie intestinali.
A evidenziarlo per la prima volta è uno studio di coorte di popolazione (oltre 141 mila pazienti), che ha coinvolto oltre 700 studi di medicina generali inglese, che forniscono dati allo
United Kingdom Clinical Practice Research Datalink. Il lavoro, siglato da ricercatori della canadese McGill University, è pubblicato su
British Medical Journal.
I pazienti coinvolti in questa analisi, avevano iniziato la terapia con inibitori della DPP-4 tra il 2007 e il 2016 e sono stati seguiti fino al 30 giugno 2017 (il follow-up complessivo è stato pari a 552.413 anni persona).
Nel corso del follow-up si sono verificati 208 nuovi casi di malattie infiammatorie intestinali (37,7 per 100.000 persone) e complessivamente, l’impiego di questi farmaci anti-diabete è risultato associato ad un aumentato rischio di IBD (53,4
versus 34,5 per 100.000 anni persona), corrispondente ad un HR di 1.75, che tendeva ad aumentare con la durata dell’assunzione del DDP-4 inibitore, raggiungendo il picco al terzo-quarto anno di utilizzo (HR 2.90), per poi decrescere dopo il quarto anno di assunzione (HR 1.45).
Gli autori dello studio concludono che, sebbene questi dati debbano trovare adeguata conferma (è la prima segnalazione del genere), i medici dovrebbero essere al corrente di questa possibile associazione.
I DPP-4 inibitori sono farmaci in uso da ormai una decina d’anni e hanno rivoluzionato il trattamento del diabete di tipo 2, grazie al minor rischio di ipoglicemia, all’effetto favorevole sul peso e alla neutralità rispetto al rischio di malattie cardiovascolari. La dipeptidil peptidasi 4 è un enzima che prolunga l’emivita del GLP-1 endogeno (ed è questo l’effetto sfruttato nel trattamento del diabete), ma è presente anche sulla superficie di vari tipi di cellule, comprese quelle implicate nella risposta immunitaria. Non è chiaro il suo ruolo in patologie autoimmuni, quali le malattie infiammatorie intestinali. Dati sull’uomo evidenziano che i pazienti con malattie infiammatorie intestinali tendono ad avere delle concentrazioni di DDP-4 inversamente proporzionali rispetto alla gravità dell’attività della malattia, ma non è chiaro che questo sia la causa o l’effetto.
Maria Rita Montebelli