I topi sono 388.835, i ratti 128.126. E sono le specie più utilizzate nel 2016 a fini scientifici (terzi in classifica i polli domestici con 34.658 unità). I meno usati invece sono stati i macachi resi (3, quelli di Giava sono stati 418), i furetti (7) e gli anfibi diversi dalla rane (8).
In tutto nel 2016 gli animali utilizzati per la sperimentazione superano di poco le 600.000 unità (607.097 esemplari), facendo registrare un decremento rispetto al 2014 del 12,23% (691.666 unità) e un lieve aumento rispetto al 2015 con un +4,32% (581.935 unità) dovuto all’impiego nell’ambito regolatorio, cioè per le attività scientifiche obbligatorie e disciplinate da altra normativa, come ad esempio la verifica della tossicità e sicurezza di vaccini e farmaci.
In questo ambito la crescita è stata dell’11,66% mentre resta in calo il numero degli animali nei progetti finalizzati alla ricerca di base e alla ricerca applicata, quegli studi che verificano la possibilità di trasformare le scoperte scientifiche in applicazioni, con una diminuzione rispettivamente del 6,24 e del 5,23% rispetto al 2014.
I dati statistici 2016 sull’utilizzo di animali a fini scientifici sono stati pubblicati – come ricorda il ministero della Salute sul suo sito - sulla Gazzetta Ufficiale, Serie Generale, n. 60, del 13 marzo 2018. I numeri si riferiscono all’impiego in un arco temporale di 12 mesi secondo le modalità previste dalla Direttiva 2010/63/UE, recepita in Italia con il decreto legislativo n. 26/2014, in cui si stabilisce tra l’altro che deve essere rendicontato il numero di volte in cui si utilizza l'animale, deve essere indicata la «sofferenza effettiva dell'animale» durante la procedura, devono essere rendicontate anche nuove specie animali, quali i Cefalopodi o gli animali geneticamente modificati quando l'alterazione genetica comporta sofferenza, dolore o disagio.
Per quanto riguarda le specie animali il 90,36 % delle specie utilizzate per la sperimentazione è rappresentato da roditori e conigli. In aumento rispetto al 2015 il ricorso a topi e conigli, in lieve diminuzione l’utilizzo di ratti.
Infine, in attuazione del principio di sviluppo dei metodi alternativi alla sperimentazione animale stabilito dalla Direttiva 2010/63/UE, prosegue l’impegno del ministero della Salute che, per ridurre il più possibile il numero di animali soppressi per fini scientifici, nel settembre 2017 ha attivato una specifica sezione della Banca dati nazionale per la sperimentazione animale attraverso cui agevolare lo scambio di organi e tessuti tra gli enti di ricerca pubblici e privati.
Vanno avanti – ricorda il ministero - i lavori del Tavolo tecnico per i metodi alternativi che vedono lo stesso ministero della Salute seduto al fianco di Associazioni protezionistiche, ricercatori, Università, Istituto Superiore di Sanità e Istituto Zooprofilattico sperimentale della Lombardia e dell’Emilia Romagna - Centro nazionale di referenza per i metodi alternativi.