Il 51% dei ragazzi tra i 15 e i 20 anni ha difficoltà a prendersi una pausa dalle nuove tecnologie tanto da arrivare a controllare in media lo smartphone 75 volte al giorno. Il 7% lo fa fino a 110 volte al giorno, secondo il sondaggio online condotto dall'Associazione Di.Te. (Associazione Nazionale Dipendenze Tecnologiche, Gap e Cyberbullism) su un campione di 500 persone di età compresa tra i 15 e i 50 anni. Ma a preoccupare psichiatri e neuropsichiatri infantili è un altro dato: fino al 13% degli adolescenti iperconnessi sono a rischio dipendenza patologica.
Sono, infatti, in aumento nei giovani tra i 14 e i 18 anni disturbi quali ansia, depressione, insonnia e difficoltà cognitive. Motivo? Le troppe ore trascorse davanti a smartphone e altri device: più di 6 ore al giorno. Like addiction, nomofobia (eccessiva paura di rimane senza il cellulare), vamping (moda degli adolescenti di trascorrere numerose ore notturne sui social media) e challenge o “sfide social”, le nuove patologie da iperconnessione che causano stati di tensione emotiva persistente.
È l’allarme lanciato in occasione della quarta giornata del 22° Congresso Nazionale della Società Italiana di Psicopatologia, che si chiude oggi al Centro Congressi Rome Cavalieri Waldorf Astoria, dedicato al “Progetto Promozione Salute Mentale 20.20. Psicopatologia: connessioni, culture, conflitti”. Obiettivo: esplorare i diversi modi in cui la psicopatologia e la psichiatria entrano nelle complessità e nelle difficoltà del vivere contemporaneo.
“I giovani 3.0 non riescono proprio a staccarsi da cellulari, tablet, pc, playstation e social media – afferma
Giovanni Martinotti della Sopsi (Università di Chieti) – e il bisogno di controllare continuamente lo smartphone magari per chattare non li abbandona neppure di notte. Spesso rimangono svegli fino all’alba a parlare e giocare con gli amici, leggere notifiche e messaggi. Questi comportamenti vanno ad influenzare negativamente la qualità del sonno, con conseguenze nocive per l’organismo, soprattutto per lo sviluppo del cervello, ed interferiscono sulle attività quotidiane dei ragazzi. I quali si isolano dal resto del mondo, chiusi nella loro stanza, spesso arrivano a rifiutare la scuola e ogni contatto che non preveda l'uso mediato del mezzo tecnologico. Sono molto più impulsivi, meno creativi, meno empatici e meno capaci di gestire le emozioni all'interno delle relazioni. Hanno grande difficoltà a gestire la noia, orientati a condividere tutto e subito, senza pensare alle conseguenze che ricadranno su di sé né tantomeno sugli altri perché poco sensibili a "condividere", paradossalmente, il dolore altrui”.
“Gli adolescenti tra i 14 e i 18 anni – aggiunge
Francesca Pacitti (Università dell’Aquila) – trascorrono in media 6,26 ore al giorno davanti ai loro strumenti tecnologici preferiti per studiare, giocare, lavorare e socializzare. Fino al 13% di loro il rischio depressione e ansia è dietro l’angolo. I like e i commenti degli haters poi sono devastanti. Ma il problema non riguarda solo i giovanissimi. In un recente studio condotto nel 2017 su un campione di 300 studenti dell’Università dell’Aquila, nella fascia di età 18-25 anni, è emerso che il 6 per cento ha un rapporto patologico con internet, in particolare i maschi”.
Ma i genitori come possono capire se la dipendenza che caratterizza i ragazzi è nella norma o se invece sta diventando patologica? "Ci sono alcuni campanelli d’allarme caratteristici – spiega Pacitti - come l'alterazione del ciclo sonno-veglia, l’isolamento sociale e il mutare di alcuni tratti caratteriali. I genitori quando c'è un'alterazione delle abilità relazionali e sociali devono interrogarsi su cosa sta succedendo ai loro figli e favorire il più possibile il dialogo. Se questo non dovesse bastare, allora è bene rivolgersi a personale esperto. L’obiettivo è favorire un uso intelligente delle tecnologie da parte degli adolescenti, dal punto di vista del tempo e della qualità”.
Infine,
Bernardino Carpiniello (Università di Cagliari): “La dipendenza da internet, pur non riconosciuta ufficialmente come patologia nei sistemi diagnostici internazionali (DSM e ICD), di fatto costituisce un problema clinico per il quale sono stati sviluppati interventi psicoterapeutici specifici, tra cui le psicoterapie di tipo cognitivo-comportamentale, di gruppo o individuali”.