La CRISPR-Cas9 è uno ‘strumento’ biologico, nominato ‘invenzione dell’anno 2015’, che serve a correggere gli errori di ‘scrittura’ del codice genetico, con un meccanismo enzimatico di tipo taglia e cuci. Messa a punto da gruppi di ricerca americani e oggetto di studio nei laboratori di biologia molecolare di tutto il mondo, fino ad oggi non ha avuto applicazioni cliniche sull’uomo perché, sebbene promettente’, questo ‘strumento’ enzimatico è ancora troppo impreciso e rischia di intaccare regioni sane di DNA, anziché limitarsi a correggere quelle sbagliate.
Gli enzimi in questione sono delle nucleasi CRISPR-Cas9 e la speranza terapeutica ad essi legata è quella di riuscire un giorno a correggere in maniera ‘chirurgica’ le alterazioni genetiche alla base dei tumori e di alcune malattie rare.
Questi ‘strumenti’ di riparazione del DNA constano di una sequenza di RNA che si lega in maniera complementare al frammento di DNA ‘sbagliato’, quello da correggere, eliminandolo e sostituendolo con il frammento di informazione genetica corretta. Fin qui il sogno costruito sulla teoria.
La realtà però racconta un’altra storia, fatta per ora di ‘imprecisioni’, di errori di riconoscimento da parte del macchinario taglia-e-cuci (in gergo si chiama ‘
off-target activity’), che non lo rendono, come visto, ancora idoneo per un’applicazione in clinica.
Una prospettiva di cura interessante insomma quella della CRISPR-Cas9, ma ancora tutta da perfezionare.
E un importante passo avanti in questa direzione è stato fatto da un gruppo di ricercatori italiani del
Centre for Integrative Biology (CIBIO) dell’Università di Trento (
Antonio Casini, Michele Olivieri, Gianluca Petris, Claudia Montagna, Giordano Reginato, Giulia Maule, Francesca Lorenzin, Davide Prandi, Alessandro Romanel, Francesca Demichelis, Alberto Inga, Anna Cereseto) che hanno pubblicato questa loro importante ricerca su
Nature Biotechnology.
Gli autori hanno utilizzato delle cellule di lievito per realizzare delle varianti Cas9 (SpCas9) di
Streptococcus pyogenes ‘ottimizzate’, cioè in grado di valutare l’attività
on-target (quella terapeutica) e
off-target (quella potenzialmente disastrosa).
Più in dettaglio, i ricercatori trentini hanno valutato delle varianti di SpCas9 portatrici di mutazioni nella regione REC3, per individuare quella in grado di migliorare l’accuratezza dell’
editing, mantenendo al contempo l’efficienza dello ‘strumento taglia-e-cuci’. Le 4 mutazioni selezionate a questo scopo hanno portato alla messa a punto della cosiddetta evoCas9, una variante ‘evoluta’ del macchinario ripara-DNA, realizzata in laboratorio e molto più precisa di quelle utilizzate finora. La evoCas9, assicurano i ricercatori italiani (che la stanno anche brevettando) è infallibile nel riconoscere il frammento malato di DNA, senza fare confusioni con il DNA normale, ed è ugualmente efficiente nella fase di rimozione e sostituzione dello stesso.
Sebbene ci si trovi ancora nella tranquillizzante dimensione del laboratorio, lontano dal letto del paziente, la evoCas9 è insomma al momento lo strumento ‘taglia-e-cuci’ per la riparazione del DNA sbagliato più evoluto al mondo. Trento batte il MIT di Boston e la Californiana Berkley (culla del metodo CRISPR/Cas9) 1 a 0.
Maria Rita Montebelli