(Reuters Health) – La depressione rende le malattie infiammatorie intestinali (IBD) più aggressive. Il dato emerge chiaramente da un nuovo studio pubblicato dall’American Journal of Gastroenterology.
Lo studio
Bharati Kochar e colleghi, dell’Università della Carolina del Nord, hanno utilizzato i dati della coorte Sinai-Helmsley Alliance for Research Excellence per valutare i metodi di diagnosi della depressione e gli effetti della depressione di base sull’attività della malattia nel tempo. Sono stati inclusi 2.798 pazienti con malattia di Crohn (CD) con un follow-up medio di 22 mesi e 1.516 pazienti con colite ulcerosa (UC) con un follow-up medio di 24 mesi. Al basale, il 64% dei pazienti con CD e il 45% dei pazienti con UC erano in remissione. Un punteggio PHQ-8 significava depressione lieve. Un indice di Harvey-Bradshaw modificato di 5 o superiore, o un indice di attività della colite superiore a 2, indicavano una ricaduta.
I risultati
Complessivamente, il 20% dei pazienti con CD e il 14% di quelli con UC hanno riferito di essere depressi. Secondo i risultati del PHQ-8, il 38% dei pazienti con CD e il 32% di quelli con UC erano depressi. Dopo aggiustamenti per sesso, remissione e attività patologica, i pazienti con CD che erano depressi al basale presentavano rischi significativamente elevati di recidiva (RR, 2.3), di ospedalizzazione (RR, 1.3) e di necessità di intervento chirurgico per l’IBD (RR, 1.3). I pazienti con UC con depressione al basale avevano un rischio significativamente elevato di ospedalizzazione (RR, 1.3) e di necessità di intervento chirurgico per l’IBD (RR, 1.8) al follow-up.
I commenti
Secondo
Sunanda V. Kane della Mayo Clinic di Rochester, Minnesota, “la depressione è una parte molto importante della valutazione del paziente con IBD”. Megan E. Riehl dell’Università del Michigan ad Ann Arbor, dà un consiglio ai colleghi medici: “Siate pronti a esaminare e discutere i sintomi depressivi con i pazienti con IBD ad ogni visita e inviateli eventualmente a specialisti della salute mentale per aiutarli a gestire i sintomi emotivi.
“Questo studio si aggiunge alla crescente letteratura che dimostra il valore del modello bio-psico-sociale dell’assistenza medica – conclude
Judith Scheman della Cleveland Clinic, in Ohio – Le evidenze sono in aumento in numerosi campi della medicina, inclusa l’IBD. Ricordiamo che le variabili psicosociali sono i migliori predittori degli esiti del trattamento e, come tali, devono essere affrontati insieme ai fattori biologici. Esiste un’associazione diretta tra depressione e ansia sull’infiammazione e sulla risposta immunitaria, e affrontare questi fattori psicosociali attraverso approcci farmacologici può aiutare a tenere sotto controllo il decorso della malattia”.
Fonte: American Journal Gastroenterology
Lorraine L. Janeczko
(Versione italiana Quotidiano Sanità/Popular Science)