E’ quanto di più vicino si possa immaginare ad una immunoterapia ‘su misura’. Si chiama CAR-T (acronimo che sta per
chimeric antigen receptor T-cell) ed è una forma di immunoterapia plasmata sulle caratteristiche del singolo tumore e confezionata su misura presso sofisticati laboratori di biologia molecolare.
Fino a poche settimane fa appannaggio di
trial clinici sperimentali, la recente approvazione da parte dell’FDA di due di queste terapie genetiche, una per la leucemia linfoblastica acuta pediatrica e l’altra per il linfoma a cellule B diffuso refrattario dell’adulto, rappresentano una pietra miliare nella storia della medicina. Su
JAMA di questa settimana lo stato dell’arte di queste nuove terapie.
Tisagenlecleucel. Lo scorso agosto l’FDA ha approvato questa terapia per il trattamento di pazienti fino a 25 anni, affetti da leucemia linfoblastica acuta a cellule B refrattaria. Un tumore raro che nel 15-20% dei casi non risponde alle terapie tradizionali o recidiva. Per confezionare questa terapia, si sottopone il paziente ad un prelievo di sangue, dal quale si isolano i suoi linfociti T che vengono quindi geneticamente ingegnerizzati a riconoscere e distruggere le cellule leucemiche che espongono sulla loro superficie l’antigene CD19. Così modificati, i linfociti T vengono reinfusi nel paziente, pronti a distruggere le cellule tumorali. Il farmaco ha ricevuto un’approvazione accelerata sulla base dei risultati di un unico trial a singolo braccio su 88 pazienti con ALL refrattari alla terapia tradizionale. Dei 68 pazienti trattati, l’83% ha raggiunto la remissione a tre mesi, ma ci sono già dei
long survivor.
Axicabtagene ciloleucel. Approvato appena qualche settimana fa, questa terapia CAR-T è destinata agli adulti con linfoma diffuso a cellule B grandi refrattario/recidivato. Un’altra terapia personalizzata che impiega cellule geneticamente ingegnerizzate per aiutare pazienti ai quali gli oncoematologi non hanno più terapie da proporre. Il trattamento è stato approvato sulla base dei risultati dello studio multicentrico ZUMA-1 condotto su 101 pazienti, il 51% dei quali hanno ottenuto una remissione completa e il 21% parziale.
La storia delle terapie CAR-T. L’idea di sfruttare dei linfociti T ingegnerizzati come trattamento è nata appena una ventina di anni fa e le prime applicazioni in clinica sono state tutt’altro che soddisfacenti. A far fare passi da gigante a questo filone di ricerca sono stati tre fattori: l’aggiunta di una seconda alterazione genetica immuno-stimolante alle cellule T ingegnerizzate; la scoperta che l’antigene CD19 rappresenta un bersaglio ideale per i tumori a cellule B; la velocizzazione delle tecniche di produzione delle terapie CAR-T (ma anche così, per la produzione di un singolo trattamento CAR-T servono settimane e alcuni dei candidati pazienti non hanno davanti tutto questo tempo da vivere).
Il futuro delle terapie CAR-T. Nonostante gli importanti risultati ottenuti in così poco tempo, tutti gli esperti del campo sono concordi nell’affermare che siamo solo all’inizio della storia e che molto resta ancora da fare. Si stanno moltiplicando gli sforzi per individuare bersagli alternativi al CD19 ad esempio e su
clinicaltrials.gov aumentano di giorno in giorno gli studi sul trattamento CAR-T applicato anche a tumori solidi (fegato, neuroblastoma, pancreas, ovaio, mesotelioma) oltre che al mieloma multiplo.
Il problema degli effetti indesiderati: la tempesta citochinica. Un paziente su 4 di quelli sottoposti a terapie CAR-T presenta effetti indesiderati potenzialmente fatali, per lo più ascrivibili alla cosiddetta
Cytokine Release Syndrome (CRS) o tempesta citochinica. Le cellule T ingegnerizzate rilasciano citochine (molecole infiammatorie) che possono provocare febbre, ipotensione marcata, edema polmonare; il quadro è spesso di modesta gravità ma in alcuni casi porta al ricovero in terapia intensiva. Altri effetti indesiderati sono le infezioni e gli effetti neurotossici (la cosiddetta CRES, CAR-T
-cell-related encephalopathy syndrome).
Un’attenta titolazione del numero delle cellule CAR-T reinfuse nel paziente è il fattore chiave per non incappare in queste complicanze; facile però a dirsi, meno a farsi. A volte, per controllare la risposta infiammatoria nei soggetti con CRS, è necessario intervenire con farmaci come il tocilizumab (un anti IL-6). Lo scorso settembre, gli specialisti del
MD Anderson Cancer Center hanno pubblicato le prime linee guida per la gestione degli effetti tossici delle terapie CAR-T (
https://www.nature.com/articles/nrclinonc.2017.148), mentre a livello internazionale si è costituita un’apposita
task force, il CARTOX (CAR-T-
cell-therapy-associatedTOXicity)
Working Group per la gestione di questi effetti indesiderati.
Gli specialisti stanno insomma ancora cercando di familiarizzare con queste nuove terapie, molto promettenti ma potenzialmente molto pericolose; anche per questo non è il caso per il momento di premere troppo sul pedale dell’acceleratore; meglio imparare a ridurre o eliminare questi effetti collaterali gravi, prima di estendere l’offerta di queste terapie ad un ampio numero di pazienti.
Il problema dei costi. Salvare una vita, tanto più quando si tratta di quella di un ragazzo, non ha prezzo. Ma questo è un poetico
wishful thinking che si infrange sugli scogli della dura realtà. Il costo attuale di queste terapie si aggira sui 475.000 dollari e sui 373.000 dollari, rispettivamente per il tisagenlecleucel e per l’axicabtagene ciloleucel. E questo è solo il costo netto del farmaco, al quale va aggiunto quello della sua somministrazione, dell’eventuale ricovero in terapia intensiva e dei farmaci usati per controllare gli effetti collaterali. Gli esperti dell’
Institute for Clinical and Economic Review stanno elaborando uno studio di costo-efficacia per queste terapie che dovrebbe vedere la luce nelle prossime settimane.
Ma anche al netto di tutte queste considerazioni, resta l’entusiasmo per questa nuova branca di terapia. “Non si tratta solo di un nuovo trattamento – commenta a JAMA
David Porter, direttore del
Blood and Bone Marrow Center presso la
University of Pennsylvania (USA) – ma di un nuovo approccio al trattamento del cancro. E la cosa più eccitante dal mio punto di vista è la possibilità di manipolare geneticamente le cellule immunitarie in modo da indirizzarle con precisione contro il cancro”.
Maria Rita Montebelli