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QS Edizioni - sabato 23 novembre 2024

Scienza e Farmaci

Scoperto negli Amish il gene ‘elisir di lunga vita’, già in preparazione il farmaco              

di Maria Rita Montebelli
immagine 17 novembre - L’inibizione parziale del PAI-1, una proteina implicata nei processi della coagulazione e non solo, protegge dalle malattie metaboliche correlate all’invecchiamento, diabete in testa, e consente di vivere più a lungo, anche di 10 anni, senza lo spettro delle malattie cardiovascolari. Un vero e proprio elisir di lunga vita, scoperto nella piccola comunità rurale Amish di Berne nell’indiana, che la ricerca giapponese sta tentando di tradurre in terapia. 
C’è chi è convinto di trovarsi di fronte all’elisir di lunga vita, al segreto dell’anti-ageing, nascosto nelle pieghe del DNA degli Amish, in particolare in quelli di una comunità contadina dell’Indiana, Berne.
 
Gli Amish, una delle popolazioni più anacronistiche del pianeta, che pare uscita da una macchina del tempo ferma ad almeno un paio di secoli fa,  con il loro rifiuto sistematico di tutto ciò che rappresenta il progresso, con i loro abiti dimessi e old-style, i loro cavalli e i caratteristici calessi (i buggy), rappresentano per il loro isolamento genetico (gli Amish si sposano solo tra loro e sono molto stanziali) un esperimento di natura eccezionale che consente di scovare qualunque eventuale ago nel pagliaio della genetica, che si trova qui distillato e concentrato.
 
A destare tanto scalpore è la scoperta di una rara mutazione del DNA che, oltre a proteggere queste persone  dal diabete di tipo 2 (è già in fase di pianificazione uno studio che ricreerà gli effetti di questa mutazione per valutarne l’impatto negli obesi con insulino-resistenza, condizione che prelude al diabete di tipo 2), consente loro di vivere più a lungo, di almeno 10 anni.
 
La ‘mutazione di Matusalemme’riguarda il gene che codifica per il PAI-1 (plasminogen activator Inhibitor -1), una proteina implicata nei processi di coagulazione, ed è riscontrabilenel 5% della comunità degli Amish di Berne; questa variante di lunga vita fa produrre bassissimi livelli di PAI-1.
 
E che il PAI-1 non fosse solo implicato nella coagulazione si sospettava da tempo. A rivelare la sua relazione con l’invecchiamento è stato per la prima volta uno studio su topi genetiamente ‘modificati’ in modo da produrre elevate quantità di questa proteina; ebbene, i poveri animali nell’arco di poco tempo, si spelacchiavano e morivano d’infarto. La stesso fenomeno è stato osservato anche nell’uomo; chi presenta elevati livelli di PAI-1 nel sangue tende ad avere tassi di diabete e malattie metaboliche più elevati e a morire precocemente per cause cardiovascolari. Viceversa, in modelli animali di invecchiamento accelerato, il deficit genetico di PAI-1 o la sua inibizione mirata proteggono dalle patologie correlate all’invecchiamento e allungano la vita.
Il PAI-1 insomma sembrerebbe essere un componente fondamentale del cosiddetto ‘secretoma’ correlato all’invecchiamento, oltre che un mediatore diretto della senescenza cellulare.
 
Per verificare se questa ipotesi fosse vera anche per l’uomo, Douglas E. Vaughan (dipartimento di medicina della Northwestern University Feinberg School of Medicine, Chicago) e colleghi di altre università americane e canadesi, sono andati a studiare la rara mutazione loss-of-function (in grado cioè di indurre una perdita di funzione) di SERPINE 1, il gene che codifica il PAI-1, localizzato sul braccio lungo del cromosoma 7. Per farlo, si sono trasferiti armi e bagagli (quelli di 40 ricercatori, accampati in un centro ricreativo) a Berne dove hanno sottoposto a test genetici un campione della popolazione. E in un’intervista rilasciata al New York Times, Vaughan rivela che molti dei ragazzi sottoposti a prelievo di sangue sono svenuti durante a procedura in quanto non avevano mai fatto un esame in vita loro. Nonostante ciò si sono mantenuti cortesi e collaborativi per tutta la durata dello studio. Pur non approfittando dei vantaggi della moderna medicina, insomma gli Amish non si sono tirati indietro quando è stato chiesto loro di ‘prestare’ il proprio corpo alla scienza e per il progresso della medicina.
A finire sotto i riflettori della scienza sono stati 177 membri della comunità Amish, tra i quali 43 carrier della mutazione ‘null’ di SERPINE 1. I soggetti eterozigoti presentavano leucociti dai lunghissimi telomeri (del 10% più lunghi degli altri), basse concentrazioni di insulina a digiuno e una prevalenza di diabete decisamente inferiore. E tra tutti gli Amish, i portatori dell’allele ‘null’ di SERPINE1 presentavano una durata di vita maggiore di almeno una decina d’anni (vivevano in media 85 anni) rispetto a tutti gli altri membri della loro comunità.
 
Ancor più sorprendente forse il dato sulla prevalenza del diabeteche si attesta al 7% nella comunità Amish, ma che ha fatto registrare uno zero spaccato tra i portatori della mutazione ‘null’; questi soggetti tra l’altro presentavano livelli di insuline mia del 28% inferiori rispetto ai controlli. E questa secondo i ricercatori è la prova provata che questa mutazione allunga la vita, proteggendo i portatori dalle insidie dalle conseguenze metaboliche dell’invecchiamento, tra le quali, il diabete è la più terribile.
 
Secondo gli autori dunque, questo studio, copertina di Science Advances questa settimana, suggerisce un effetto causale del PAI-1 sulla longevità umana, che potrebbe, come visto, essere mediato da alterazioni favorevoli a carico del metabolismo. In particolare, il PAI-1 potrebbe favorire l’insulino-resistenza e alterare il metabolismo glucidico. Ma questa proteina è anche una delle molecole infiammatorie secrete dalle cellule senescenti; è dunque ipotizzabile che la mutazione degli Amish impedisca questo processo.
 
Questi risultati indicano inoltre l’utilità dello studio delle mutazioni ‘perdita-di-funzione’ all’interno di  popolazioni isolate a livello geografico e genetico e indicano un nuovo target terapeutico per l’anti-ageing.
 
E i giapponesi non sono stati a guardare; un gruppo di ricercatori dell’universita di Tohoku, guidato da Toshio Miyata, rivela il New York Times, ha messo a punto un farmaco che inibisce il PAI-1, già sperimentato in un trial pilota. Alla luce di questi risultati, Vaughan ha dunque deciso di  sottomettere all’FDA la richiesta di effettuare  già il prossimo anno uno studio con questo farmaco su soggetti obesi o insulino-resistenti per valutarne gli effetti, senza tuttavia arrivare ad inibire del tutto il PAI-1, che resta fondamentale per i processi di coagulazione (gli Amish omozigoti per questa mutazione, cioè che ereditano sia dal padre che dalla madre la mutazione ‘null’ di SERINE1, sviluppano una patologia della coagulazione molto simile all’emofilia).
L’elisir di lunga vita sta dunque per essere servito.
 
Maria Rita Montebelli
17 novembre 2017
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