Il cuore batte nel corso della vita 2 miliardi di volte e ogni contrazione è controllata da una complessa interazione tra segnali elettrici e forze meccaniche. Quattro sono i tipi principali di cellule (fibroblasti, cardiomiociti, cellule muscolari lisce e cellule endoteliali).
I
fibroblasti, le cellule che producono la matrice extracellulare che è un po’ l’impalcatura del cuore, si riteneva fino a qualche tempo fa che rappresentassero circa la metà di tutte le cellule (anche se studi recenti sembrano suggerire che la popolazione cellulare più rappresentata nel cuore sia quella delle
cellule endoteliali).
I
cardiomiociti sono il 30% delle cellule del cuore ma rappresentano oltre il 70% della sua massa.
Alla base di tutto questo complesso apparato ci sono
le proteine, circa 11.000 quelle del cuore, individuate dai ricercatori del Max Planck Institute of Biochemistry (MPIB) e del German Heart Centre della Technical University of Monaco (TUM) in Germania che, con pazienza certosina, sono riusciti a determinare quali proteine sono presenti all’interno di ogni popolazione cellulare del cuore, realizzando in questo modo il primo
atlante di proteomica del cuore umano.
Un lavoro enorme che
consentirà di individuare con maggior facilità le differenze tra un cuore sano e uno malato, in maniera ‘inversa’: le alterazioni delle proteine rispecchiano infatti i difetti del DNA sulla base del quale vengono prodotte.
L’atlante diventa così il modello al quale riferire la normalità sia qualitativa che quantitativa delle proteine del cuore.
Anche in passato sono stati condotti degli studi sulle proteine del cuore, ma in genere si sono focalizzati su singole popolazioni cellulari, provenienti per lo più da cuori patologici. “Questo tipo di approccio – commenta il primo autore dello studio
Sophia Doll – pone due tipi di problemi. In primo luogo i risultati non ci consegnano il quadro completo del cuore in tutte le regioni e i tessuti del cuore; in secondo luogo, i dati comparativi con un cuore sano sono spesso mancanti. Il nostro studio ha eliminato tutti questi problemi e i nostri dati potranno dunque essere utilizzati come riferimento per studi futuri.
Osservando l’atlante delle proteine del cuore è facile vedere che tutti i cuori sani lavorano in maniera molto simile tra loro; quello che ci ha sorpreso è stato il constatare che, da un punto di vista di composizione proteica, anche il cuore destro e quello sinistro sono molto simili tra loro, pur svolgendo funzioni molto diverse tra loro”.
Gli studi sulla fibrillazione atriale. I prossimi passi di questa ricerca consisteranno nel
validare questo atlante come ‘controllo’ di riferimento per individuare le variazioni presenti nei cuori malati, come nel caso della fibrillazione atriale, un comune disturbo del ritmo. I primi risultati di questa analisi stanno fornendo utili indizi sulle possibili cause di questa aritmia; in particolare sono emerse differenze importanti per quanto concerne le
proteine del metabolismo energetico delle cellule, che appaiono tuttavia diverse anche tra un individuo all’altro con fibrillazione atriale. “Queste differenze tra individui con la stessa aritmia – commenta il professor
Markus Krane, vice-direttore del dipartimento di cardiochirurgia del German Heart Centre Munich presso la TUM - sottolineano ancora una volta quanto sia importante la
medicina personalizzata; sebbene la patologia sia la stessa, questi pazienti presentano una diversa disfunzione a livello molecolare; dobbiamo imparare a riconoscere e a trattare queste differenze individuali, soprattutto in ambito cardiologico”.
Lo studio, pubblicato questa settimana su
Nature Communications, è stato effettuato analizzando
oltre 150 campioni di tessuto cardiaco provenienti da 60 interventi cardiochirurgici o campioni autoptici. Su questo materiale, il professor
Matthias Mann, direttore del Gruppo Proteomica e Trasduzione del Segnale del MPIB ha effettuato una serie di misurazioni con la
spettrometria di massa. Gli scienziati tedeschi affermano che, grazie alle migliorie messe a punto in tecnica di misurazione, sono attualmente in grado di fornire la
mappa proteomica di un cuore intero in meno di due giorni; un passaggio importante per l’applicazione in clinica.
Maria Rita Montebelli