Un valore della produzione di 1,7 miliardi: l’Italia è leader in Europa, davanti a Germania (1,5) e Francia (1,4) del
Contract Development and Manufacturing (CDMO), il Conto terzi farmaceutico, l’esternalizzazione cioè di tutto ciò che riguarda la produzione e il confezionamento da parte delle aziende fortemente brandizzate verso piccole e medie imprese del settore, per ridurre i costi aziendali e potersi dedicare esclusivamente alla parte riguardante la ricerca clinica ed il martketing/commerciale.
Il valore della produzione sviluppato dalle imprese attive in Italia, infatti, rappresenta il 23% del totale Ue (in tutto 7,6 miliardi), un’incidenza superiore a quella del totale dell’industria manifatturiera (13% rispetto all’Ue-28) che caratterizza il CDMO farmaceutico come comparto di specializzazione dell’industria in Italia.
I dati sono contenuti in uno studio di Prometeia presentato a Milano nell’incontro “Le imprese del conto terzi farmaceutico in Italia: network e digitalizzazione” a cui sono intervenuti anche Massimo Scaccabarozzi, presidente Farmindustria, Giorgio Bruno, presidente Gruppo Produttori Conto terzi di Farmindustria, Maurizio Marchesini, presidente Marchesini Group.
Lo studio ha aggiornato un’analisi svolta la prima volta nel 2016 e ha esaminato il comparto del CDMO farmaceutico in Italia nel contesto europeo, valutando anche il contributo della filiera e approfondendo le strategie d’investimento delle imprese nell’ottica “Industria 4.0”.
L’analisi dei dati di bilancio delle imprese del CDMO attive in Europa conferma i risultati emersi nella prima indagine: con un valore della produzione pari a 1,7 miliardi di euro l’Italia mantiene la propria leadership in Europa, davanti a Germania (1,5) e Francia (1,4). Il valore della produzione sviluppato dalle imprese attive in Italia rappresenta il 23% del totale UE (pari complessivamente a 7,6 miliardi di euro), un’incidenza superiore a quella del totale dell’industria manifatturiera (13% rispetto all’UE28) che caratterizza il CDMO farmaceutico come comparto di specializzazione dell’industria in Italia.
L’indagine ha messo in evidenza come tra il 2010 e il 2016 il fatturato delle imprese attive nel comparto sia aumentato del 40% (che si confronta con lo 0,7% del totale economia), con uno sviluppo che ha toccato tutti i segmenti di attività.
Gli incrementi hanno infatti interessato sia i prodotti più “tradizionali” come i non iniettabili (+31%) sia, soprattutto, quelli a maggior contenuto di tecnologia innovativa come gli iniettabili e le produzioni biologiche e ad alta attività (+48%). “Un mix di crescita – commenta lo studio illustrato a Milano da Alessandra Benedini, senior specialist di
Prometeia - che ha permesso di aumentare il valore aggiunto complessivamente realizzato dalle imprese del e la quota delle produzioni a più alta tecnologia”.
Le vendite all’estero sono un importante motore della crescita del CDMO: tra il 2010 e il 2016 il valore delle esportazioni è cresciuto del 67%, arrivando a rappresentare il 70% del fatturato (+11 punti percentuali rispetto al 2010).
La quota di vendite destinata ai Paesi europei è prevalente (54% verso l’Ue 15 e il 10% verso altri Paesi), ma è rilevante anche il ruolo degli Stati Uniti, mercato nel quale è realizzato il 22% del fatturato estero, quota doppia rispetto a quella che caratterizza, in media, il manifatturiero italiano.
Secondo le interviste con le aziende, parte integrante dello Studio, poter contare su una filiera solida è un importante vantaggio competitivo e un elemento per attrarre investimenti nel nostro Paese, fattore che ha permesso di rafforzare il posizionamento internazionale e di consolidare la leadership in Europa.
In questo senso la catena di fornitura industriale genera 1,4 miliardi di fatturato, per il 66% formato da input produttivi (soprattutto principi attivi, eccipienti, packaging primario e secondario), per il 10% da beni di investimento (macchinari) e per il 24% da servizi. Il valore complessivo della filiera ammonta quindi a 3,1 miliardi.
Le peculiarità dell’attività dei CDMO portano le imprese a destinare grandi risorse agli investimenti in produzione (8% del fatturato, 1,7 volte la media manifatturiera), volti a sostenere efficienza e qualità: oltre i 3/4 degli investimenti riguardano infatti le linee produttive (53% nuove linee e 25% ammodernamento di quelle esistenti). Un valore che testimonia l’importanza delle partnership con i fornitori di macchine e in generale di beni di investimento.
Nel complesso, l’indagine ha messo in luce come la gran parte degli investimenti (quasi il 70%) introduca nuove tecnologie, quota che sale all’84% qualora ci si concentri sulle linee produttive: attività che beneficiano della leadership competitiva dei fornitori italiani.
I CDMO si mostrano più attivi della media manifatturiera anche per le applicazioni di “Industria 4.0”, in particolare relativamente alle fasi più tipicamente produttive. L’80% dei macchinari e degli impianti in uso è infatti integrato o integrabile in modalità 4.0. E lo studio segnala spazi di miglioramento per le fasi a monte e, soprattutto, a valle, della produzione e relativamente ai processi informativi/amministrativi.
In base ai risultati dell’indagine, l’implementazione di tecnologie 4.0 consente benefici in termini di: produttività (31% del totale delle risposte), qualità (26%), flessibilità (23%) e velocità (12%), elementi chiave per operare nel business dei CDMO e che sosterranno un’intensificazione degli investimenti in digitalizzazione anche nel prossimo futuro.
Oggi 9 applicazioni su 10 riferite a Industria 4.0 riguardano il controllo/gestione in remoto degli impianti. Nei prossimi anni, insieme a queste attività conosceranno un forte sviluppo le applicazioni per la gestione in chiave «4.0» delle catene di fornitura, portando a un ulteriore rafforzamento delle sinergie di filiera a beneficio della competitività del comparto.
Secondo le conclusioni a cui giunge lo studio “efficienza e velocità di risposta al mercato sono necessità che portano le imprese a porre la massima attenzione alle opportunità offerte dalla digitalizzazione, insieme a una rilevante presenza di macchinari già integrati e integrabili in modalità “Industria 4.0”, in particolare per ciò che riguarda le fasi più tipicamente produttive”.
E per favorire una maggiore diffusione della digitalizzazione in tutti i processi aziendali - che potrebbe rafforzare la competitività dei CDMO e consentire alle imprese di cogliere ulteriormente le opportunità offerte dalla crescita del mercato mondiale della produzione conto terzi – sarà necessario secondo lo studio che le imprese possano contare su un contesto regolamentare ancora più competitivo e che sappia cogliere a pieno le esigenze della crescita nell’era di Industria 4.0.