Gli studiosi hanno effettuato il loro studio analizzando 79.288 casi accertati di infarto miocardico registrati tra il 2003 e il 2006 sulla popolazione di 15 centri urbani in Inghilterra e Galles. Oggetto della ricerca era studiare le associazioni tra i livelli di inquinamento atmosferico (analizzando le quantità di PM10, biossido di azoto, biossido di zolfo, dell'ozono e monossido di carbonio) e infarto del miocardio (MI) in tempi brevi, con i dati a una risoluzione temporale oraria. Il rischio infarto aumenta fino a 6 ore dopo l’esposizione ma il pericolo può crescere anche di un ulteriore 5% se l'esposizione all'inquinamento passa da ‘bassa’ a ‘moderata’ nelle successive sei ore.
In conclusione gli studiosi specificano in ogni caso come livelli più elevati di PM10 e NO2, che sono tipicamente i marcatori di inquinamento legati al traffico, sembrano essere associati ad un rischio transitorio di aumento di infarto miocardico 1-6 ore dopo l'esposizione, ma in seguito è stata registrata una riduzione del rischio che suggerisce che l’inquinamento atmosferico può essere associato ad eventi a breve termine ma non fa aumentare il rischio complessivo.
23 settembre 2011
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