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QS Edizioni - martedì 5 novembre 2024

Scienza e Farmaci

Congresso Easd di Lisbona. L'intervento di Sesti (Sid): “Difendiamo la Rete diabetologica, fiore all’occhiello della sanità italiana”

di Giorgio Sesti
immagine 12 settembre - Il diabete mellito sta assumendo le dimensioni di una vera propria epidemia, con circa 415 milioni di soggetti affetti da diabete mellito nel mondo. Per la Sid bisogna fare attenzione a non smantellare la rete diabetologia, grazie alla quale l’Italia è il Paese occidentale con il più basso livello medio di HbA1c e i più bassi tassi di complicanze croniche e di eccesso di mortalità nelle persone con diabete
I dati più recenti dell’Osservatorio Arno Diabete, nato da una collaborazione tra Società Italiana di Diabetologia (Sid) e Cineca documentano che il tasso di prevalenza totale del diabete in Italia è pari al 6,2 per cento. È possibile stimare che ogni anno si verifichino 5-7 nuovi casi di diabete tipo 2 ogni 1000 persone, senza significative differenze di genere. Inoltre, da studi epidemiologici si stima che circa un milione di italiani è affetto da diabete mellito senza saperlo. Anche il diabete tipo 1 è in crescita, seppure in misura inferiore in termini assoluti rispetto al diabete tipo 2: secondo i più recenti dati dell’Istituto Superiore di Sanità, nel quinquennio 2005-2010, il valore medio nazionale del tasso di incidenza del diabete tipo 1 nei bambini di età compresa fra 0 e 4 anni, stimato utilizzando le prime ospedalizzazioni, è pari a 13.4/100.000/anno.

Il diabete mellito è una patologia grave essendo ancora una delle principali cause di morte per la sua grande diffusione. Studi italiani hanno dimostrato che il diabete tipo 2 si associa ad un eccesso di mortalità del 35-40 per cento, rispetto alla popolazione generale. Il diabete rappresenta un grave onere a carico dei bilanci economici dei sistemi sanitari nazionali: uno studio dell’Osservatorio Arno Diabete ha stimato che il costo medio annuo per paziente è pari a 2792 euro, con un peso dell’assistenza ospedaliera pari al 51 per cento, della spesa farmaceutica del 32 per cento e dell’assistenza ambulatoriale del 17 per cento.

La maggior parte della spesa associata alla malattia diabetica è determinata dal trattamento delle complicanze, non solo nell’anno d’insorgenza della complicanza stessa, ma anche stabilmente negli anni successivi. Le complicanze del diabete che determinano il maggiore impatto sui costi assistenziali risultano essere le nefropatie, le amputazioni e le rivascolarizzazioni degli arti inferiori con un costo addizionale intorno ai 4,5-5 mila euro, seguiti dalle patologie cerebrovascolari con un incremento di costo intorno ai 3500 euro. Seguono le patologie cardiovascolari, la retinopatia, la neuropatia e le complicanze acute, con un costo addizionale compreso tra 1500 e 2000 euro. Oltre ai costi diretti, occorre considerare quelli indiretti: uno studio della London School of Economics ha stimato che costi indiretti della malattia ammontano a 12 miliardi di euro in gran parte attribuibili a prepensionamenti e assenze dal lavoro.

Il diabete ha pertanto una rilevanza sociale oltre che sanitaria e questo è stato sancito, in Italia prima ancora che negli altri Paesi del mondo, da una legge (n. 115 del 1987) che è diventata un punto di riferimento fondamentale. Tale legge ha valorizzato il ruolo dell’assistenza da parte dei centri diabetologici e ha largamente ispirato numerosi documenti nazionali e regionali dei successivi 30 anni, incluso il ‘Piano Nazionale della Malattia Diabetica’ sancito con accordo nel dicembre del 2012 tra Governo e Regione e Province Autonome di Trento e Bolzano su proposta del Ministro della Salute. Il Piano ha consolidato il modello italiano di cura della malattia e identificato diverse aree d’intervento per rendere omogenei gli interventi di prevenzione, diagnosi, monitoraggio e cura delle persone con diabete che vivono in Italia.
 
Un modello che consta, oltre che dei medici di famiglia, di una rete capillare di centri specialistici diffusi su tutto il territorio nazionale, basati su competenze multi-professionali (diabetologo, infermiere, dietista, talora psicologo e/o podologo, e secondo necessità cardiologo, nefrologo, neurologo, oculista) e che forniscono con regolarità consulenze per circa il 50 per cento delle persone con diabete, prevalentemente, ma non esclusivamente, quelle con malattia più complessa e/o complicata.

Per effetto di questa rete l’Italia è il Paese occidentale con il più basso livello medio di HbA1c e i più bassi tassi di complicanze croniche e di eccesso di mortalità nelle persone con diabete. A tale proposito va sottolineato il ruolo dell’assistenza diabetologica nel ridurre la mortalità nelle persone con diabete: coloro che sono assistiti nei centri diabetologici hanno una minore mortalità totale e cardiovascolare rispetto a chi non li frequenta. Anche per questo il ‘Piano Nazionale della Malattia Diabetica’ prevede una presa in carico di tutte le persone con diabete da parte dei centri diabetologici, con l’applicazione di una incisiva gestione integrata con i medici di famiglia. Una presa in carico che è previsto avvenga già nella fase iniziale della malattia. È stato infatti recepito il concetto che il team diabetologico non dovrebbe intervenire per la prima volta quando si è sviluppato un grave scompenso metabolico o quando si sono sviluppate complicanze della malattia.

I team diabetologici italiani costano circa l’1 per cento del totale della spesa sostenuta per curare le persone con diabete e possono contribuire a ridurre in misura assai significativa l’altro 99 per cento delle spesa attraverso la prevenzione delle complicanze croniche, accorciando la durata delle degenze con una presa in carico al momento dell’accoglimento nei reparti chirurgici, ottimizzando l’uso dei farmacie dei dispositivi per il monitoraggio e la cura, osservando una scrupolosa appropriatezza nelle prescrizioni di esami di laboratorio e strumentali, collaborando nelle scelte sulle strategie di cura operate a livello nazionale, regionale e locale.

In questo scenario, la Sid contribuisce in modo incisivo a difendere il modello assistenziale italiano basato sul team diabetologico come sancito nel ‘Piano Nazionale della Malattia Diabetica’, a promuovere e condurre ricerche volte a migliorare le conoscenze fisiopatologiche, cliniche e terapeutiche della malattia e delle sue complicanze, a formare migliaia di giovani e meno giovani medici e professionisti sanitari grazie alla sua attività di provider Ecm accreditato da Agenas.
 
Giorgio Sesti
Presidente della Società Italiana di Diabetologia (Sid)
 
Intervento al Congresso 53° Easd (European Association for the Studu of Diabetes) in corso a Lisbona
12 settembre 2017
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