(Reuters Health) – Nei casi di vitiligine la fototerapia UV-B a banda stretta – cioè quella più utilizzata per questa patologia – può portare a un’esposizione superflua della pelle ai raggi UV. Poiché la maggior parte dei pazienti ha una vitiligine localizzata, la fototerapia mirata l’uso del laser ad eccimeri con cloruro di xeno 308 nm (EL) è generalmente considerato come trattamento di prima scelta. Partendo da questa premessa,
Jung Min Bae e colleghi dell’Università Cattolica di Suwon, in Corea hanno impiegato TSL a 311 nm, basato sullo spettro del picco UV-B a banda stretta, e hanno deciso di valutarne gli effetti in uno studio pilota.
Lo studio
Il team coreano ha utilizzato il TSL per trattare 14 soggetti che avevano una vitiligine non segmentale con lesioni sul viso e sul collo. La dose del trattamento è iniziata a 300 mJ /cm2 ed è stata aumentata in ogni sessione successiva fino all’inizio della comparsa di eritema post-trattamento. La durata mediana del trattamento era di 3,7 mesi e il trattamento mediano era composto da 23 sessioni. Successivamente due dermatologi hanno confrontato in modo indipendente le fotografie finali del follow-up con quelle al basale.
Si è visto così che 11 pazienti hanno dimostrato di essere soggetti eccellenti per completare la cura dopo una media di 21 trattamenti. Dei tre rimanenti pazienti, in due si è vista una buona repigmentazione che era considerata invece moderata nel terzo. Va notato che 5 pazienti hanno presentato un eritema che durava oltre 48 ore, ma migliorava spontaneamente dopo tre o quattro giorni. Nessuno ha interrotto il trattamento a causa di effetti collaterali negativi. I ricercatori coreani, dunque, ritengono che il nuovo metodo laser TSL possa essere considerato come un’opzione promettente nel trattamento della vitiligine, seppure siano necessarie ulteriori conferme.
Fonte: Jama Dermatology 2017
David Douglas
(Versione italiana Quotidiano Sanità/ Popular Science)