(Reuters Health) – Secondo i risultati di uno studio osservazionale, pubblicati da Lancet Respiratory Medicine, un gruppo di 9 proteine plasmatiche può identificare i pazienti con ipertensione arteriosa polmonare (PAH) che hanno un rischio più elevato di mortalità.
Lo studio
La sopravvivenza dei pazienti con PAH è eterogenea e varia a tre anni dal 58% al 74% dei casi.
Martin R. Wilkins del Imperial College di Londra e colleghi hanno utilizzato un metodo basato su aptameri (acidi nucleici a singolo filamento caratterizzati da una specifica struttura tridimensionale che si lega direttamente alla proteina target) per misurare le concentrazioni di 1.129 proteine nel plasma da quattro gruppi di pazienti, con lo scopo primario di identificare e convalidare le eventuali espressioni proteomiche circolanti che potrebbero fare da predittori di sopravvivenza dei pazienti con PAH idiopatica o ereditaria. I ricercatori hanno così dapprima identificato un gruppo di nove proteine che hanno prodotto punteggi da 0 a 9 (con ciascuna concentrazione di proteine plasmatiche al di sopra o al di sotto del valore soglia cut off per la sopravvivenza che ha contribuito a un punto) che ha avuto un’accuratezza che va dall’86% al 93% per la discriminazione tra sopravvissuti e non sopravvissuti.
I pazienti – il cui punteggio nel panel di proteine era più elevato dopo l’inizio della terapia – alla diagnosi hanno mostrato una sopravvivenza più scarsa di quelli i cui punteggi sono rimasti stabili o migliorati. Il punteggio ha fornito informazioni indipendenti prognostiche oltre a quelle fornite dall’equazione REVEAL (un scala di valori che fornisce un punteggio clinico già validato, ricavato da vari parametri clinici).
I commenti
“Il punteggio prognostico prodotto dal panel proteomico a 9 proteine seleziona notevolmente i sottogruppi di pazienti che potrebbero andare incontro a eventi maggiori (morte o trapianto), e questo può essere utile per il targeting di nuove strategie terapeutiche aggressive o per ottimizzare la potenza delle prove cliniche”, dicono gli autori. Secondo altri osservatori, i risultati dello studio confermano che le nuove tecnologie basate sulla proteomica, in particolare quelle che utilizzano gli aptameri, troveranno presto una strada nella pratica clinica di routine, perché i biomarcatori delle proteine possono essere utili per la diagnosi precoce della malattia, la diagnosi differenziale, la prognosi e possono consentire il monitoraggio della malattia, nonché costituire una guida per una terapia mirata.
Fonte: Lancet Respir Med 2017
Reuters Staff
(Versione italiana Quotidiano Sanità/ Popular Science)