Il costo delle terapie antitumorali è in rapido e costante aumento, con un’incidenza tra le più alte sull’intera spesa farmaceutica. In Italia, il costo medio di un trattamento è passato dai 3.850 euro circa della seconda metà degli anni Novanta ai 44.900 euro della prima metà dello scorso decennio, e le proiezioni per il 2020 stimano un costo compreso tra i 70.000 e i 100.000 euro. I sistemi sanitari sono ovunque chiamati a sostenere l’impatto dell’innovazione alle porte.
Solo in campo oncologico, sono circa una decina le molecole in una fase avanzata del loro iter autorizzativo e altrettanti i medicinali per i quali è stata richiesta un’estensione delle indicazioni d’uso.
Siamo in presenza di una sfida epocale per le autorità sanitarie, chiamate a garantire ai cittadini le cure più appropriate, l’accesso rapido all’innovazione reale, la sicurezza delle prestazioni, in un contesto di sostenibilità ed efficienza del sistema. Le leve su cui agire sono diverse e richiedono grande impegno e responsabilità da parte di tutti gli attori coinvolti: la politica, le istituzioni, le aziende, gli operatori sanitari e i pazienti.
Questi ultimi saranno sempre più consapevoli e protagonisti del loro percorso di cura, grazie a un coinvolgimento che inizia con la sperimentazione clinica e prosegue per l’intero ciclo di vita del farmaco fino alla vigilanza dopo la commercializzazione.
Risorse economiche dedicate sono imprescindibili perché il sistema richiede investimenti ingenti nell’ambito della ricerca e dello sviluppo oltre a dover fare fronte ai costi spesso abnormi delle molecole innovative. I fondi strutturali previsti dalla legge di Bilancio 2017 (500 milioni di euro l’anno per il Fondo dei farmaci innovativi e per il Fondo dei farmaci innovativi oncologici) e fortemente voluti dal Ministro della Salute
Beatrice Lorenzin rappresentano una risposta concreta a un bisogno di salute reale e immediato: assicurare ai pazienti le più appropriate terapie innovative disponibili, anche quando esse abbiano un costo altrimenti insostenibile per il Servizio Sanitario Nazionale.
Un nodo cruciale – la definizione dell’innovatività – è stato di recente affrontato dall’AIFA che, con la
determina dello scorso 31 marzo 2017, ha individuato i criteri fondamentali per classificare i nuovi farmaci, scegliendo un approccio multidimensionale basato sulla valutazione del bisogno terapeutico, del valore terapeutico aggiunto e della qualità delle prove fornite al regolatore.
Promuovere la ricerca e lo sviluppo di nuove molecole e accelerare l’accesso ai farmaci innovativi non è però, come dicevo, l’unica via per contrastare il cancro. Negli ultimi anni abbiamo assistito a importanti progressi nei tassi di sopravvivenza e di guarigione. L’obiettivo da raggiungere è adesso cronicizzare sempre più la malattia e per raggiungerlo bisogna utilizzare strumenti diversi e complementari.
Una strategia efficace non può prescindere dalla prevenzione e dalla diagnosi precoce, che oltre a ridurre in modo significativo l’incidenza dei tumori e i tassi di mortalità, consentirebbero di conseguire risparmi più che mai utili per affrontare bisogni di salute non ancora soddisfatti, sia nell’area oncologica che in altre aree terapeutiche.
Un recente editoriale del Lancet, intitolato “Cancer risk paradox: grand plans fall short?”
[1], invita a una riflessione sul tema della prevenzione e sull’opportunità di contrastare a monte quei fattori di natura ambientale che possono causare patologie tumorali.
L’editoriale ricorda che il Senato americano ha approvato di recente appositi finanziamenti per il programma “Cancer Moonshot”, lanciato lo scorso aprile a Washington nel corso dell’
Annual Meeting of the American Association for Cancer Research (AACR).
Tale programma mira, tra l’altro, a dimezzare i tempi per la traslazione dei risultati genetici e immunologici dai laboratori alla clinica. Gli Autori si chiedono se “questo insaziabile desiderio di migliorare la nostra comprensione fondamentale della biologia tumorale possa mettere in ombra i vantaggi sanitari che potrebbero essere garantiti da una migliore tutela dell’ambiente”.
“Sono stati scoperti molti loci genetici associati a un aumento del rischio di sviluppare il cancro – scrive il Lancet – e alcuni possono portare ad azioni preventive. Di conseguenza, molte ricerche sono dedicate all'individuazione di ulteriori loci attivi. Tuttavia, il rischio di cancro non può essere migliorato solo attraverso tali sforzi. Il tumore è un prodotto sia della natura che della nutrizione. In entrambi i casi il rischio ambientale è un fattore cruciale e spesso trascurato”.
Gli Autori riportano alcuni esempi di esposizione della popolazione a rischi connessi all’ambiente naturale (negli Stati Uniti come a Londra e in Cina), dovuti al contatto prolungato di alcune popolazioni con materiali e composti organici cancerogeni, e ricordano che in diversi casi lo Stato è stato condannato a risarcimenti milionari per i danni prodotti alla salute dei cittadini.
“Esiste chiaramente un’inefficienza economica su larga scala, con risorse finanziarie che si dividono tra la scienza della prevenzione del tumore e gli sforzi per aiutare coloro che hanno sviluppato il cancro come risultato diretto di una cattiva gestione del pianeta da parte dell’uomo. Per vedere un mondo in cui meno persone muoiono di cancro, entrambe le aree devono essere affrontate”. Ciò non sempre avviene se ad esempio, come ricordano gli Autori, solo pochi mesi fa, la Commissione europea ha pubblicato un nuovo avvertimento al Regno Unito per le ripetute violazioni dei limiti legali dell'inquinamento atmosferico.
“Per eliminare il cancro – conclude l’editoriale – i governi devono identificare e agire non solo sull’aumentata suscettibilità al rischio, ma anche per garantire che le persone non siano esposte a materiali cancerogeni a causa di gravi omissioni nella gestione dell’ambiente”.
Uno spunto prezioso per ricordare e ricordarci che il migliore investimento sulla salute, a livello individuale e collettivo, passa per l’informazione, la diagnosi precoce, ma soprattutto la prevenzione dai fattori di rischio, grazie a stili di vita sani e a una responsabile cura dell’ambiente.
Mario Melazzini
AIFA Editorial
[1] Editorial “Cancer risk paradox: grand plans fall short?”, The Lancet Oncology, in http://thelancet.com/journals/lanonc/article/PIIS1470-2045(17)30268-1/fulltext