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QS Edizioni - martedì 26 novembre 2024

Scienza e Farmaci

Interleuchina 27: la proteina che arresta la leucemia

immagine 29 luglio - Uno studio condotto da ricercatori dell’Istituto Gaslini di Genova ha dimostrato che la proteina contrasta la diffusione leucemica colpendo le cellule che rigenerano il tumore continuamente e che sono più refrattarie alla chemioterapia.
L’interleuchina 27 (IL-27) agisce quale potente agente anti-tumorale nelle leucemie linfoblastiche acute del bambino. È questo il succo di uno studio condotto da ricercatori dell’Istituto Giannina Gaslini di Genova e pubblicato su Leukemia.
I risultati sono stati conseguiti su cellule leucemiche prelevate dai pazienti pediatrici e in modelli preclinici. È quindi prematuro trarre conclusioni sulla reale efficacia dell’impiego clinico dell’interleuchina 27. Tuttavia i primi dati fanno ben sperare.
La leucemia linfoblastica acuta che deriva dai linfociti B rappresenta il tumore ematologico pediatrico più diffuso. La maggior parte dei pazienti pediatrici affetti da questa leucemia vengono efficacemente curati, ma circa il 25 per cento va incontro a ricadute e necessitano di terapie alternative. Proprio su questi particolari pazienti si è concentrato il lavoro del gruppo di ricercatori genovesi. “Utilizzando cellule leucemiche prelevate dai pazienti pediatrici e modelli preclinici, è stato possibile dimostrare come l’interleuchina 27 contrasti la diffusione leucemica colpendo le cosiddette leukemia initiating cells cioè le cellule che rigenerano il tumore continuamente e che sono più refrattarie alla chemioterapia”, ha spiegato Irma Airoldi, responsabile del Laboratorio Immunologia e Tumori e coordinatrice del progetto di ricerca. Inoltre, ha aggiunto, “altri due meccanismi paralleli aumentano la forza anti-tumorale dell’interleuchina 27 che sono la sua capacità di inibire la formazione di vasi sanguigni che sostengono e nutrono il tumore, e di diminuire il funzionamento di un microRNA, (il miR155) una piccola molecola coinvolta nella progressione tumorale”.
Lo studio è stato finanziato dall’Associazione Italiana Ricerca sul Cancro (AIRC). 
29 luglio 2011
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