(Reuters Health) – Vuoi smettere di fumare ma ricadi sempre nella tentazione di riaccendere una sigaretta? La “colpa” potrebbe essere legata alla funzione del circuito corticotalamico del cervello. È quanto emerge da due studi USA pubblicati da JAMA Psychiatry.
“La capacità di fermare un comportamento automatico è fondamentale per impegnarsi nel perseguire nuovi obiettivi, come smettere di fumare. Abbiamo tracciato i contorni di come la connettività funzionale in un circuito di controllo inibitorio sia importante per reprimere la voglia di fumare”, dice
Brett Froeliger, che con i colleghi della Medical University of South Carolina ha indagato, tramite risonanza magnetica funzionale (fMRI), il rapporto tra fumo di sigaretta e la rete di controllo inibitorio (IC) corticotalamica.
Gli studi
Per indagare la possibile relazione tra controllo inibitorio e vulnerabilità a riprendere a fumare, i ricercatori hanno condotto due studi. Il primo ha coinvolto 81 fumatori che cercavano trattamenti per smettere; al basale sono stati sottoposti a una fMRI di 30 minuti dopo aver fumato una sigaretta. I soggetti hanno poi seguito una terapia per smettere di fumare e sono stati seguiti per 10 settimane. In tutto, 40 soggetti hanno ricominciato. Nel secondo studio, 30 soggetti non interessati a smettere di fumare hanno effettuato una fMRI 30 minuti dopo aver fumato una sigaretta e dopo 24 ore di astinenza. I partecipanti a entrambi gli studi sono stati coinvolti anche in un compito di controllo inibitorio: dovevano premere un pulsante in risposta a delle immagini.
Alla risonanza magnetica, nel gruppo di coloro che ricadevano nel vizio del fumo si osservava un minor volume della materia grigia e a una maggior risposta dipendente dal livello di ossigenazione del sangue, legata al compito di controllo inibitorio nel giro frontale anteriore (IFG) e nel talamo. Questi risultati, affermano i ricercatori, “legittimano ulteriori analisi di interventi per aumentare la neurotrasmissione corticotalamica e aumentare il controllo inibitorio durante il corso del trattamento per il disturbo da uso di tabacco”.
Fonte: JAMA Psychiatry 2017
David Douglas
(Versione italiana Quotidiano sanità/Popular Science)