La chirurgia bariatrico-metabolica con la sua promessa di ‘guarire’ il diabete di tipo 2 nei pazienti sottoposti ad interventi per l’obesità rappresenta la nuova frontiera – anche se per pochi – del trattamento del diabete. I risultati nell’immediato sono incoraggianti, quando non sorprendenti. Mancano però evidenze a medio e lungo termine di una durabilità degli effetti di questi interventi sul compenso metabolico.
Di grande interesse dunque è un articolo pubblicato oggi sul
New England Journal of Medicine che presenta i risultati a 5 anni dello studio
STAMPEDE (Surgical Treatment and Medications Potentially Eradicate Diabetes Efficiently) sul compenso metabolico di 150 pazienti (il
follow up è stato completato solo da 134 pazienti) sottoposti a terapia anti-diabete intensiva da sola o con l’aggiunta di un intervento di chirurgica bariatrica (bypass gastrico o
sleeve gastrectomy). L’
endpoint primario era rappresentato da un livello di emoglobina glicata pari o inferiore a 6%, raggiunto ricorrendo o meno alla terapia anti-diabete.
L’età media dei pazienti arruolati nello studio era 49 ± 8 anni (66% femmine) con una emoglobina glicata di 9,2 ± 1,5% e un BMI medio di 37 ± 3,5.
A distanza di 5 anni l’
endpoint primario è stato centrato dal 2% (2 su 38) dei pazienti sottoposti a terapia anti-diabete intensiva, dal 29% (14 su 49) di quanti erano stati sottoposti ad intervento di bypass gastrico e dal 23% di quelli sottoposti a
sleeve gastrectomy (gastrectomia ‘a manica’).
In generale poi la riduzione media dei livelli di glicata è risultata molto più significativa tra i soggetti sottoposti ad intervento (- 2,1 punti percentuali) rispetto a quelli sottoposti a trattamento farmacologico (-0,3 punti percentuali). A 5 anni, come prevedibile, la riduzione del peso corporeo dal momento dell’arruolamento è stato del 23% nei soggetti sottoposti a by-pass gastrico, del 19% nel gruppo
sleeve-gastrectomy e di appena il 5% nel gruppo terapia medica; i livelli di trigliceridi nei tre gruppi sono risultati ridotti rispettivamente del 40%, del 29% e dell’8%; i livelli di colesterolo HDL infine hanno mostrato un aumento del 32%, del 30% e del 7% nei tre gruppi.
L’impiego dell’insulina a distanza di 5 anni nei tre gruppi è risultato ridotto rispettivamente del 35%, del 34% e del 13%.
Nettamente migliorati, tra i pazienti sottoposti ad intervento, rispetto a quelli del gruppo terapia medica, anche i parametri di qualità di vita, valutati mediante RAND 36-
Item Health Survey, per quanto riguarda gli aspetti del funzionamento fisico, della salute complessiva, delle componenti ‘energia’ o ‘
fatigue’. L’unica eccezione è rappresentata da un netto peggioramento del benessere emotivo, presentata dai soggetti sottoposti ad intervento di bypass-gastrico.
Sempre sul fronte degli effetti indesiderati, vanno registrate le 4 revisioni chirurgiche che si sono rese necessarie nell’arco del primo anno dall’intervento tra i pazienti operati.
I dati del
follow up a 5 anni , concludono dunque gli autori, dimostrano che tra i soggetti con diabete e BMI compreso tra 27 e 43, sottoposti a chirurgia bariatrica e a terapia medica anti-diabete intensiva, l’intervento chirurgico in aggiunta al trattamento farmacologico è nettamente più efficace della sola terapia medica nel ridurre e in alcuni casi correggere del tutto l’iperglicemia.
Maria Rita Montebelli